IL SOLE 24 ORE
Le difficoltà. Le decisioni recenti e contrastanti di legittimità e merito
L’accorpamento di aziende non apre al concordato unico
La sentenza della Corte di cassazione del 13 ottobre 2015 n. 20559 e il successivo decreto del Tribunale di Teramo del 5 gennaio 2016 affrontano il controverso tema dell’ammissibilità del concordato di un gruppo di società, non disciplinato dal diritto fallimentare. Nel caso della Cassazione si tratta del primo intervento di legittimità su questo specifico tema.
In entrambi i casi, la proposizione di una domanda unitaria di concordato era avvenuta attraverso l’éscamotage del preventivo conferimento delle singole aziende in un’unica società, appositamente costituita per accedere al concordato preventivo. Entrambi i provvedimenti ribadiscono in modo esplicito l’inderogabilità, anche nei concordati di gruppo, dell’obbligatoria separazione delle masse, dovendo restare distinte le posizioni debitorie e creditorie delle singole società.
Nel caso delle masse attive, è ribadito il principio dell’autonoma responsabilità patrimoniale di cui all’articolo 2740 del Codice civile, che impone a ciascuna società di garantire prioritariamente, con il proprio patrimonio, il soddisfacimento dei propri creditori, escludendo così la possibilità che i creditori delle società meno capienti concorrano con quelli delle società più capienti. Speculare è il divieto di commistione tra le masse passive che rende inammissibile l’accorpamento dei creditori di distinte società del gruppo: a ciascuna società deve corrispondere un unico insieme di creditori, determinando maggioranze distinte e votazioni separate per ciascuna società.
Sebbene i princìpi enunciati siano i medesimi, la diversa articolazione dell’operazione ha portato a un diverso giudizio nei due provvedimenti: inammissibilità del concordato di gruppo per la Cassazione, sua ammissibilità secondo il Tribunale abruzzese.
Va, peraltro, evidenziato come il tema della localizzazione geografica delle imprese non rilevi nel caso esaminato dal Tribunale di Teramo, posto che tutte le imprese coinvolte avevano sede legale nella medesima circoscrizione, mentre la Cassazione aveva eccepito l’inammissibilità di una competenza territoriale riferita alla sola holding, seppure motivata dall’attività di direzione e coordinamento da questa svolta.
Dal divieto di accorpamento delle masse attive e passive deriva, secondo la Cassazione, il divieto di formulare un’unica proposta a tutti i creditori delle società del gruppo, ritenendo necessario che ciascun creditore possa formulare il proprio voto solo ed esclusivamente con riferimento alla società di cui egli è creditore.
Nel caso sottoposto al giudizio del Tribunale di Teramo, invece, le concrete modalità di conferimento delle singole aziende in un’unica società aveva consentito, a quanto pare, il mantenimento della distinzione tra le consistenze dei singoli rami aziendali e, quindi, dei singoli patrimoni e delle singole posizioni debitorie. In questo caso, secondo il Tribunale abruzzese, i creditori di ciascuna società del gruppo erano stati comunque posti in condizione di verificare la propria posizione creditoria e l’impatto della proposta concordataria sul loro soddisfacimento.
La possibilità, negata dalla Cassazione, di presentare un unico piano concordatario e un’unica proposta a tutti i creditori del gruppo, ancorché suddivisa tra i singoli rami aziendali, è ritenuta, invece, ammissibile dal Tribunale di Teramo. Ciononostante, appaiono evidenti le criticità di ordine pratico derivanti dalla possibilità che la stessa proposta concordataria sia approvata dai creditori di una società del gruppo e bocciata dai creditori di un’altra. Appare inevitabile, infatti, che una proposta di gruppo così congegnata debba essere approvata dalla maggioranza dei creditori di ognuna delle singole società coinvolte, posto che la mancata approvazione anche relativamente a una sola società comporterebbe, presumibilmente, il suo fallimento e il venir meno della fattibilità del piano di gruppo.
In conclusione, nonostante la loro interpretazione evolutiva da parte del Tribunale di Teramo, le attuali norme della legge fallimentare rendono assai difficoltosa la proposizione di un unico concordato di gruppo, ancorché preceduto da un accorpamento ad hoc delle singole aziende convolte.
Sotto questo profilo, appare indispensabile e non più rimandabile la disciplina organica dell’insolvenza dei gruppi di imprese, prospettata nel progetto di riforma elaborato dalla Commissione Rordorf e approvato dal Consiglio dei ministri.