ESTERI: La paura dei giudici: “Nel mirino perché difendiamo lo Stato laico” (La Repubblica)

LA REPUBBLICA

La paura dei giudici: “Nel mirino
perché difendiamo lo Stato laico”

DAL NOSTRO INVIATO

ISTANBUL. La mannaia in questi giorni cala al mattino presto. E` alle prime luci dell`alba che gli agenti con indosso la pettorina nera e la scritta “Polis” entrano nelle case degli oppositori. Pianti di bambini, urla di donne. E le manette scattano con un colpo secco ai polsi dei reprobi. Sono militari, o impiegati, o persino poliziotti: tutti ritenuti vicini ai golpisti e all`accolita di Fetullah Giilen, il predicatore accusato di aver ispirato dal suo eremo in Pennsylvania il golpe mancato.
Ma tra i fermati c`è anche un altro gruppo, molto consistente: i magistrati.
E difatti, tra sabato e domenica ne sono stati arrestati quasi tremila, e altrettanti sollevati dal loro incarico. Ieri i ferri ai polsi sono stati messi ad altri 755 giudici. Ma perché? «Perché siamo l`ultimo baluardo della legalità»,
spiega uno di loro. La renitenza a parlare è fortissima. Complice la paura di esporsi. «Ho mandato moglie e figlio in una località di vacanza per evitare problemi e anch`io penso di trasferirmi». Se poi un magistrato è sotto tiro, il licenziamento, o la rimozione, o il trasferimento in una località dell`est anatolico è una misura che già da molti mesi tocca la categoria. «Non è per nulla detto che tanti giudici siano affiliati al gruppo di Giilen – continua la fonte – Molti sono semplicemente dei democratici, dei laici convinti, desiderosi di svolgere il proprio lavoro con scrupolo. Però è sufficiente non appartenere alla corrente del partito conservatore religioso per essere guardati con sospetto, e rischiare di perdere il lavoro. Non c`è serenità tra
noi. E come può allora un giudice giudicare, se non ha la tranquillità
per farlo?».
I numeri di questi tre giorni post golpe fanno impressione. Le purghe
hanno colpito la polizia, e così un totale di 7.850 agenti in tutto il Paese sono stati sospesi l`altra notte dai loro compiti e costretti a riconsegnare
armi e distintivi. Poi quasi 9.000 funzionari del ministero dell`Interno sono stati licenziati. Nel dettaglio, l`agenzia di stampa semiufficiale Anadolu ieri dava conto di quanti sono stati sollevati dall`incarico: 8.777, di cui circa 4.500 agenti e 614 gendarmi. A questi si aggiungono un governatore di provincia e 29 governatori di municipalità.
I militari in carcere sono invece circa 6.000. Il totale degli arrestati supera già le 17mila unità. E le prossime albe promettono nuove manette.
L`accanimento sui magistrati però colpisce. I motivi? Non solo la vicinanza
di una parte della magistratura a Fetullah Giilen, dunque.
Giudici e poliziotti sono da tempo le categorie più arrestate e rimosse
da Erdogan per l`influenza che il pensiero islamico moderato di Gulen
ha su di loro. Ma molti costituiscono l`ossatura laica della Turchia.
E se si aggiunge che alcuni potrebbero avviare indagini scomode sul
golpe o continuare inchieste su episodi di corruzione arrivate fino al massimo livello, ecco allora che la scure del leader non esita ad abbattersi persino sul collo degli inquisitori.
Poi la gente in Turchia oggi non reagisce quasi più alle violazioni. Si indigna, sì, ma lo fa privatamente. Per paura, nel terrore di esporsi. Si parla sottovoce, nel timore di essere ascoltati. Si allontanano dal tavolo i cellulari, perché non si sa mai. Manca un organismo a cui appellarsi. I media sono stati chiusi o lobotomizzati, l`esercito islamizzato e depotenziato, i social media controllati e spesso oscurati, le proteste popolari come Gezi Park represse nel sangue, le urne elettorali danno la metà del Paese ai conservatori di ideologia religiosa. E i liberali, i democratici, i laici hanno spazi sempre più irrisori, quasi nulli, per esprimersi.
Dice a Repubblica l`avvocato Francesco Caia, presidente della commissione diritti umani del Consiglio nazionale forense: «Sono stato di recente ad Ankara per per aiutare i legali accusati di occuparsi della difesa di quanti sono considerati come terroristi». Aggiunge Andrea Mascherín, presidente dello stesso Consiglio Nazionale Forense: «Ogni forma di intimidazione nei confronti della magistratura turca va denunciata». (m.ans.)

Foto del profilo di Andrea Gentile

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