IL SOLE 24 ORE
Dopo la Corte Ue. Gli effetti di quanto stabilito per l’iter liquidatorio
Concordato, così si può procedere al «taglio» dell’Iva
Nuova luce sulla gestione del debito per Iva nel concordato preventivo, dopo il deposito lo scorso 7 aprile della sentenza della Corte europea nella causa C-546/14 che apre alla possibilità di prevederne la falcidia, facendo breccia nell’orientamento consolidato di giurisprudenza di legittimità e costituzionale, di segno sino a oggi opposto.
Dalla riforma del 2006 (Dlgs 5/2006) della Legge fallimentare la proposta concordataria può prevedere (articolo 160, comma 2) il pagamento parziale dei debiti privilegiati, purchè in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione. Tra essi, il debito Iva rientra tra i crediti privilegiati dello Stato, che l’articolo 2778 Codice civile colloca al posto 19 nella graduazione del concorso. Nel contempo, l’articolo 182-ter Legge fallimentare disciplina l’istituto della transazione fiscale e impone un limite alla proposta concordataria, che può prevedere solo la dilazione, e non la falcidia, dei crediti dello Stato per Iva e ritenute operate e non versate.
Il punto diventa, quindi, se a quella che appare una deroga che assegna a tali due tipologie di credito una sorta di superprivilegio, debba essere assegnata valenza generale, o piuttosto limitata all’utilizzo dell’istituto della transazione fiscale, al di fuori della quale non troverebbe applicazione. L’orientamento della Corte di cassazione è stato piuttosto uniforme. Con le sentenze gemelle n. 22931 e 22932 del 2011 la Corte suprema chiarì sia il carattere solo eventuale dell’utilizzo della transazione fiscale nella procedura di concordato preventivo, secondo un orientamento opposto rispetto all’Agenzia (circolare 40/2008), sia il carattere sostanziale, e non meramente processuale, della norma, tale da autorizzarne una interpretazione analogica. Il credito per Iva e ritenute non potrebbe, in ogni caso, essere sottoposto nel concordato preventivo ad alcuna falcidia, ma solo dilazionato nel pagamento.
Nello stesso senso la Cassazione n. 7667/2012 e Cassazione 20559/2015, oltre che la Consulta (sentenza 225/2014) su ordinanza n. 25/2013 del Tribunale di Verona. La giurisprudenza di merito spesso non si allinea (tra gli altri, Tribunale Perugia 16 luglio 2012, Varese 30 giugno 2012, Como 19 gennaio 2013, Monza 16 settembre 2014, Appello Bologna 22 ottobre 2015, Tribunale Santa Maria Capua Vetere 17 febbraio 2016), rilevando al contrario il carattere unicamente processuale della norma, non suscettibile di costituire deroga generalizzata alla gerarchia delle prelazioni di cui agli articoli 2752 e 2778 Codice civile, (par condicio).
In questo quadro di radicale incertezza nella impostazione del piano concordatario, che si estende anche alla concreta applicabilità della falcidia dei privilegi, è intervenuta la Corte europea, investita della questione dal Tribunale di Udine. La sentenza (Causa C-546) incide sulle ragioni di fondo su cui l’intangibilità del debito per Iva si è basata, e cioè la natura di risorsa europea dell’imposta di cui lo Stato membro dovrebbe garantire la corretta (ed integrale) riscossione.
In questo senso la Corte europea si era espressa con duplice pronuncia (Commissione/Italia C-132/06 e C-174/07), ma riferita a circostanza diversa, e cioè le disposizioni di cui alla legge 289/2002, articoli 8 e 9, che disciplinavano la dichiarazione integrativa e la definizione automatica per gli anni pregressi. Ciò che condusse a sanzionare l’Italia per infrazione agli obblighi (Direttiva 2006/112/Ce articoli 2 e 193-273) fu la rinuncia generalizzata e indiscriminata all’accertamento delle operazioni e alla riscossione dell’imposta.
Il concordato preventivo, al contrario, risponde a criteri rigorosi di tutela dei crediti, soprattutto privilegiati, consentendo allo Stato membro di accertare che l’insolvenza del debitore e la sua consistenza patrimoniale non consentano un recupero superiore, prevede l’espressione del voto rispetto alla proposta e l’opposizione del creditore minoritario ingiustamente danneggiato. Il caso della sentenza è una proposta di concordato preventivo liquidatorio, e tuttavia è possibile ipotizzarne l’estensione del principio anche alla continuità, che l’articolo 186-bis Legge fallimentare ammette solo se suscettibile di migliorare la soddisfazione dei creditori. Improbabile, invece, l’estensione all’accordo di ristrutturazione del debito, che risponde a tutt’altri criteri.
Claudio Ceradini