LA STAMPA
Genitori separati e affido condiviso, la rivincita dei padri compie dieci anni
Nel 2006 la legge sull’affidamento condiviso. Promossa dai giudici, ma l’applicazione è in salita
ROMA. La legge 54 sull’affidamento condiviso dei figli nelle separazioni e nei divorzi compie 10 anni, è largamente applicata (89,8 per cento nelle separazioni, un po’ meno nei divorzi) ma anche criticata. L’obiettivo era quello di tutelare la bigenitorialità, ossia il principio per cui padri e madri devono mantenere pari diritti e pari doveri nella cura e nell’educazione dei figli. Ma il cambiamento culturale è lento e le madri continuano ad essere il punto di riferimento principale per i figli sia nel caso di matrimoni felici che finiti. I giudici continuano a preferirle per la collocazione dei figli. E i padri protestano. Nel frattempo se ne discute, oggi a Roma, in un convegno, «I dieci anni della legge 54/2006 su affidamento condiviso: tutela della bigenitorialità e del diritto ai legami familiari» presso la corte di Appello.
Gli avvocati esperti in diritto di famiglia sanno che nella vita reale la «condivisione» della crescita dei figli non è un principio facile da applicare quando vi è un conflitto aperto tra i due coniugi e il terreno di scontro diventa proprio la cura dei figli. E a rimetterci sono sempre loro.
Secondo Pompilia Rossi, esperta di diritto di famiglia e minori, che parteciperà al convegno, «molto spesso le decisioni non vengono assunte proprio per l’impossibilità di arrivare a un accordo con grave danno per i figli, e non di rado i genitori si rivolgono al giudice per dirimere delle controversie che potrebbero essere risolte con buon senso o semplicemente con la continuazione di una prassi da sempre esistente nel nucleo familiare». Decisioni come la scelta della scuola, di uno sport, l’autorizzazione per una gita, la firma per l’emissione di un passaporto si trasformano in dispute infinite.
«Inizialmente le sentenze della Corte di Cassazione avevano stabilito che in caso di accesa conflittualità, il giudice potesse non affidare i figli con modalità condivisa e disporre un affidamento monogenitoriale sul presupposto che il condiviso, in quel caso, fosse contrario all’interesse del minore – spiega la Rossi – poi però si è sempre più consolidato l’indirizzo, che il conflitto tra i genitori non deve e non può rappresentare un elemento di ostacolo alla determinazione del condiviso».
Così aumentano i ricorsi da parte di madri e padri che reclamano l’affido esclusivo. E capita anche che in mezzo a una guerra i giudici decidano di affidare i minori ai servizi sociali. Per far tornare in se i genitori. «La vittima è solo il minore che, non avendo una rappresentanza processuale, rimane in sostanza inascoltato», spiega la Rossi. Un avvocato del minore potrebbe essere utile, come sollecita l’Europa.
Fino al 2005, l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre era la norma. Al padre la possibilità di frequentare i figli qualche giorno durante la settimana, nei week end alternati, durante le vacanze. Nessuna voce in capitolo su decisioni importanti come la scuola e gli sport. Dall’approvazione della legge 54 le cose sono cambiate, ma i padri separati, riuniti in forti e bellicose associazioni, pretendono pari trattamento e chiedono che i tribunali diano loro maggior fiducia anche quando si tratta di bambini piccoli. Un cambiamento culturale che i giudici stanno iniziando a imporre. Il Tribunale di Milano, con decreto del 14 gennaio 2015, ha chiarito che occorre tutelare i padri anche in presenza di minore in tenera età, poiché «la genitorialità si apprende facendo i genitori».
E nell’ultima proposta di riforma della legge 54 si parlava di «doppio domicilio», ossia di un affidamento paritario dove il bambino passa metà del tempo con il padre e metà con la madre. Ipotesi che l’Aiaf – Associazione Italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori – ha criticato perchè non tiene conto non solo della conflittualità degli ex coniugi ma anche delle esigenze di stabilità dei figli. MARIA CORBI