ITALIA OGGI
La Corte costituzionale accoglie la questione di legittimità sulla denominazione dei figli
Via libera al cognome materno
I genitori sono uguali e possono scegliere liberamente
Stop alla trasmissione automatica del cognome paterno. Il figlio può avere il cognome della madre se i genitori lo vogliono. Così ha deciso ieri la Corte costituzionale.
In particolare i giudici della Consulta hanno esaminato la questione di legittimità sollevata dalla Corte di appello di Genova nell’ambito di una causa in cui un ufficiale di stato civile aveva negato ad una coppia la possibilità di dare al figlio il cognome della madre.
Nello specifico la Corte si è pronunciata su una norma implicita, ossia non prevista espressamente dalla legge, ma desumibile da alcuni articoli del codice civile, da un regio decreto del 1939 e da un decreto del presidente della Repubblica del 2000, per cui i figli legittimi nati dal matrimonio ricevono automaticamente il cognome paterno, anche se i genitori sono concordi ad attribuire al minore entrambi i cognomi.
La Corte nel 2006 aveva trattato un caso simile, in cui si chiedeva di sostituire il cognome materno a quello paterno. In quell’occasione la Consulta, pur definendo l’attribuzione automatica del cognome paterno un «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia», dichiarò inammissibile la questione sottolineando che spettava al legislatore promulgare una legge al riguardo. Nel settembre 2014 la Camera ha approvato la proposta di legge che aboliva l’obbligo del cognome paterno per i figli, lasciando sul tema libertà di scelta ai genitori. Ma da allora la legge è ferma alla Commissione giustizia al Senato in attesa di proseguire l’iter di approvazione.
Nessuna legge, dunque, è stata promulgata.
Così la Corte di appello di Genova ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi nuovamente sul tema sulla base di altri presupposti: una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia proprio sulla questione del cognome materno, e un’ordinanza del 2008 della Corte di cassazione, con cui si chiedeva di sciogliere tale questione. I giudici genovesi hanno sollevato la questione di legittimità per violazione del diritto all’identità personale (art. 2 della Costituzione), del diritto di uguaglianza e pari dignità sociale dei genitori nei confronti dei figli (art. 3), del diritto di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art.29), nonché dei principi contenuti in convenzioni e risoluzioni internazionali (art.117), come quella del 1979 dell’Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne. Nell’ordinanza di rimessione i giudici di Genova hanno sottolineato che la disciplina italiana del cognome materno e’ un caso isolato nel panorama europeo e che nel nostro paese alcuni giudici di merito hanno già operato scelte conformi alla volontà dei genitori, come ad esempio il Consiglio di stato che in una decisione del 1999 ha ritenuto illegittimo il rifiuto dell’autorità amministrativa all’aggiunta del cognome materno a quello paterno. «L’attribuzione del solo nome paterno non tutela alcun interesse ed e’ irragionevole», ha detto in udienza l’avvocato Susanna Schivo, legale della coppia di genitori che ha intentato la causa, che aggiunge, «oggi sono in aumento le istanze con cui si chiede di aggiungere il cognome materno utilizzando la norma introdotta nel 2000 che prevede, in casi eccezionali, come quelli di cognomi ridicoli e vergognosi, di cambiare il cognome. Tale possibilità e’ rimessa all’autorizzazione del prefetto: si tratta di un’ingerenza intollerabile dell’autorità amministrativa nella vita privata e si usa in modo distorto una norma di carattere eccezionale». L’avvocato ha chiesto alla Corte di «trovare la scelta giusta per risolvere i dubbi sul cognome materno: una proposta di legge su questo tema venne presentata per la prima volta nel 1979 e dopo 37 anni il legislatore non e’ ancora intervenuto». Così la Corte ha pronunciato l`illegittimità della «norma che prevede l`automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori». Occorre aspettare il deposito della sentenza, il cui relatore è il giudice Giuliano Amato, per conoscere le motivazioni. Mario Pellegrino