FISCO: Abuso del diritto ad alto rischio (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE

La giurisprudenza di legittimità non sembra cambiare indirizzo nonostante la norma
Abuso del diritto ad alto rischio
Le operazioni simulate? Sono penalmente rilevanti

Lun.12 – Abuso di diritto a tinte fosche; finanche penali; non basta il nuovo articolo 10-bis dello statuto del contribuente a tranquillizzare i contribuenti con l’esplicita esclusione della rilevanza penale delle ipotesi di comportamenti abusivi; la giurisprudenza di legittimità non pare cambiare indirizzo nonostante la chiara lettera della norma e finisce spesso per far tracimare in ambito penale fattispecie meglio inquadrabili, appunto, nella versione evoluta del concetto di elusione fiscale. L’ultimo tassello a tale orientamento lo ha messo la sentenza n. 41755 del 5/10/2016, emessa della terza sezione penale della Corte di cassazione sottolineando con forza la rilevanza penale delle operazioni simulate, del tutto diverse da quelle inquadrabili nell’ambito dell’abuso di diritto. Il comma 13 dell’art. 10-bis dello Statuto del contribuente afferma che le condotte abusive non sono penalmente punibili, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. Peraltro, in sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
Nel caso affrontato dalla Cassazione, era stato contestato il reato di dichiarazione infedele (ex art. 4 dlgs 74/00) a una operazione caratterizzata da una serie di cessioni di attrezzature e impianti avvenute fra società collegate, al solo scopo di ottenere un indebito vantaggio fiscale. In particolare il carosello di cessioni permetteva di occultare la plusvalenza finale convogliandola in società con perdite compensabili. Secondo la Cassazione è vero che l’art. 10-bis ha depenalizzato, anche con effetto retroattivo, le condotte caratterizzate da abuso del diritto, come definito dalla norma; ma è altrettanto vero che le operazioni simulate, quelle cioè prive di reale sostanza economico giuridica, non rientrano nell’ambito dell’abuso e, conseguentemente, possono ingenerare fattispecie penalmente rilevanti. In sostanza la disciplina dell’abuso di diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari (in particolare, l’evasione e la frode); fattispecie che vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento specificamente prevede. Già all’indomani dell’apparizione del nuovo concetto di abuso del diritto, la Cassazione, con sent. n. 40272 del 7/10/2015, si pronunciò sottolineando come non fosse del tutto da escludere l’ipotesi penale a fronte di comportamenti volti all’aggiramento dell’ordinamento tributario senza la eclatante e palese violazione di una qualche norma tributaria. In tale occasione, sebbene di fronte a una complessa operazione finanziaria incentrata su una serie di contratti di prestito titoli e concomitante stacco di dividendi la corte escluse la rilevanza penale della fattispecie, non mancò di sottolineare come lo stesso art. 10-bis dello statuto si prestasse a lasciare ancora aperto il campo penale ad alcuni comportamenti tipicamente elusivi. Ciò perché la definizione dell’abuso di diritto e la irrilevanza penale delle ipotesi ivi contemplate, porta con sé, per esclusione, la possibilità di configurare ipotesi delittuose laddove la condotta non sia inquadrabile in semplice abuso. Così, se il comportamento del contribuente costituisce una violazione specifica di una norma tributaria (seppur posta con finalità antielusive) non potrà invocarsi l’esimente penale dell’abuso di diritto e la condotta potrà configurare anche reato tributario. Si pensi al transfer pricing o alla miriade di norme antielusive disseminate per il Tuir; la violazione di una di tali norme ben potrebbe sfociare nel penale non potendosi, in tali ipotesi, trincerarsi dietro la nozione di abuso. Del resto, anche nella previgente disciplina, l’art. 16, dlgs 74/00 era stato interpretato nello stesso senso. Allora si diceva che l’essersi uniformati al parere del comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive fosse di per sé elemento sufficiente a scongiurare la rilevanza penale della condotta. Disposizione utilizzata di sponda dalla giurisprudenza per sostenere la rilevanza penale dell’elusione tutte le volte che non ci si fosse uniformati al parere o non si fosse invocato tale organo. In definitiva, tutte le volte che l’operazione non è esistente sotto il duplice profilo giuridico ed economico non si può parlare di abuso di diritto e si rischia di ricadere nell’ambito penale. Alessandro Felicioni

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