IL SOLE 24 ORE
La riforma del Fisco. Le prime interpretazioni della Cassazione sulla irrilevanza penale di vecchie condotte elusive/abusive
Abuso del diritto, favor rei per i reati
L’esclusivo fine di un risparmio fiscale non è sufficiente a dimostrare il dolo di evasione
Sab. 3 – Abuso del diritto ed elusione fiscale hanno trovato una propria collocazione nello Statuto del contribuente, in seguito alle modifiche introdotte con il decreto sulla certezza del diritto. In passato, le contestazioni dell’amministrazione potevano riguardare il disconoscimento di operazioni ritenute elusive ovvero in abuso del diritto. La differenza risiedeva, sostanzialmente nel fatto che le operazioni elusive erano espressamente elencate nell’articolo 37 bis del Dpr 600/73, il quale ne disciplinava anche le regole per l’accertamento. Le operazioni abusive, invece, riguardavano più in generale tutti gli atti posti in essere al solo scopo di trarre un indebito beneficio fiscale. Si trattava, però, di un concetto non regolato dalla normativa, ma ritenuto “immanente” nel nostro ordinamento perché di derivazione prima di tutto costituzionale.
Il legislatore, con il Dlgs 128/2015, ha unificato i due concetti (di elusione, abrogando l’articolo 37 bis del Dpr 600/73, e di abuso del diritto) e nel neo introdotto articolo 10 bis dello Statuto, ha inserito la definizione e le modalità per l’accertamento delle relative violazioni.
L’amministrazione, in caso di contestazione, ha l’obbligo di motivare nell’atto impositivo la condotta abusiva a pena di nullità del provvedimento. Si possono disconoscere gli effetti delle operazioni prive di sostanza economica, non giustificate da valide ragioni extrafiscali: tali ragioni non devono essere solo marginali, ben potendo riferirsi ad esigenze organizzative o gestionali dell’impresa e rispondere a finalità di miglioramento strutturale. È poi espressamente indicato che il contribuente può liberamente scegliere tra più regimi opzionali comportanti anche differenti carichi fiscali, senza che ciò costituisca un’operazione abusiva.
La nuova disciplina, essendo inserita nello Statuto del contribuente, si applica a tutti i tributi, con alcune limitazioni in relazione ai diritti doganali.
Sotto il profilo penale, la nuova norma esclude espressamente che tali operazioni diano luogo a fatti punibili in base alle leggi penali tributarie.
Tuttavia, le prime interpretazioni della giurisprudenza di legittimità penale offrono lo spunto per alcune riflessioni.
La Suprema Corte (40272/2015) ha confermato l’irrilevanza penale delle condotte abusive/elusive, sottolineando che eventuali violazioni passate, per il principio del favor rei, non possono comunque essere più perseguite. Inoltre, ha chiarito che «vecchie» contestazioni di «abuso» (e non di elusione) vanno escluse a priori, poiché nemmeno in passato costituivano illecito penale. L’esclusivo perseguimento di un risparmio fiscale (o, a maggior ragione, la presenza anche solo marginale di ragioni extrafiscali) se può valere a qualificare l’operazione come elusiva, non è di per sé sufficiente a dimostrare il dolo di evasione, soprattutto quando l’operazione economica è reale ed effettiva (43809/2015).
Secondo i giudici di legittimità (35575/2016), l’abuso del diritto va valorizzato, in via interpretativa, con un’applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, quali l’evasione e la frode. Tali fattispecie, infatti, vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento già mette a disposizione.
Ne consegue così che ai fini della rilevanza penale non possono escludersi operazioni che, in realtà, palesano vere e proprie condotte evasive, che dovranno quindi essere attentamente valutate dal giudice. Si pensi ad esempio al nuovo delitto di dichiarazione fraudolenta (articolo 3, Dlgs 74/2000) per il quale sono penalmente perseguibili, al superamento di determinate soglie di imposta evasa, le operazioni “simulate” con la sola esclusione di quelle “elusive”. Sul punto la relazione III/5/2015 del Massimario della Corte ha rilevato, in sostanza, che anche ciò che giuridicamente è effettivo può essere senz’altro fraudolento, se sul piano economico non vi è stata affatto l’operazione che le parti di un contratto hanno convenuto. Al contrario, ove le operazioni siano dotate di reale consistenza economica, ma poste in essere nella totale assenza di ragioni diverse dal risparmio fiscale che le possano giustificare economicamente, configurando abuso del diritto, non sono più penalmente rilevanti.
Antonio Iorio
I PUNTI CHIAVE
Definizione
Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi indebiti. Queste operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne può disconoscere i vantaggi tributari determinando le imposte secondo le regole ordinarie, fermo restando
il riconoscimento diquanto già versato dal contribuente.
La nuova norma individua tra presupposti per l’esistenza dell’abuso:
1) l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
3) la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione.
La rilevanza penale
La relazione III/5/2015 del Massimario della Corte rileva che si può parlare di operazione elusiva se e in quanto l’operazione sia effettivamente esistente sotto il duplice profilo giuridico ed economico; con il risultato di ritenere ricadente nella sfera punitiva penale l’operazione che, pur se valida sotto il profilo giuridico, è in realtà fittizia (nel senso di inesistente) sul piano economico. In sostanza anche ciò che giuridicamente è effettivo può essere senz’altro fraudolento, se sul piano economico non vi sia stata affatto l’operazione che le parti di un contratto abbiano convenuto. Al contrario, ove le operazioni siano dotate di reale consistenza economica, ma poste in essere nella totale assenza di ragioni diverse dal risparmio fiscale che le possano giustificare economicamente, configurando abuso del diritto, non sono più penalmente rilevanti.
Favor rei
Penale: La Suprema Corte ha ritenuto non più perseguibile eventuali condotte abusive
od elusive (oggi tutte rientranti nella categoria dell’abuso del diritto) trovando applicazione il favor rei. Ne consegue che eventuali violazioni passate, per il principio del favor rei non potranno essere più penalmente perseguite (40272/2015). Le “vecchie” contestazioni di “abuso” (e non di elusione) si sottrarrebbero a priori anche al favor rei in quanto non potevano costituire un illecito penale già in passato.
Amministrativo: la norma pare escludere l’efficacia retroattiva delle nuove disposizioni procedurali. Tuttavia la Cassazione ha definito la nuova norma di carattere interpretativo, con la conseguenze che potrebbe ritenersi applicabile anche ad accertamenti emessi in passato.