ITALIA OGGI
Abuso di diritto, regole ferree
Abuso del diritto con regole stringenti in caso di imposte sui redditi. È infatti nullo l’accertamento quando al contribuente non è stato concesso un termine di almeno 60 giorni per fornire chiarimenti. Anche qualche giorno in meno può far cadere l’atto impositivo. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 7914 del 20 aprile 2016, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La sezione tributaria ha spiegato l’importanza del contraddittorio con il contribuente, almeno in caso di imposte sui redditi.
Interpretando due sentenze chiave in materia, la n. 24823 delle sezioni unite della Cassazione e la 132 della Corte costituzionale, entrambe depositate lo scorso anno, gli Ermellini hanno chiarito che il combinato esito delle decisioni è nel segno della costruzione di una disciplina che può definirsi come del «doppio binario». E il «binario» che le imposte dirette qui in discussione sono nel presente tenute a percorrere, porta a ritenere che le forme del contraddittorio stabilite dall’art. 37 bis, comma 4, dpr n. 600/1973 siano comunque e sempre a pena di nullità e cioè senza alcuna possibilità scriminante in casi di violazione dello stesso meramente formale o comunque irrilevante.
Le Sezioni unite avevano infatti chiarito che soltanto con riferimento ai tributi «armonizzati» e stato dato completo ingresso nell’ordinamento italiano alla disciplina emersa dalle decisioni della Corte di giustizia europea, secondo cui il preventivo contraddittorio amministrativo deve ritenersi obbligatorio a pena di nullità. Debora Alberici