ITALIA OGGI SETTE
Come cambierà il rapporto contribuente-fisco
Addio agli studi di settore, bene promuovere la compliance e l’adempimento spontaneo
Lun.5 – Con il decreto fiscale arriva anche l’addio agli studi settore. A sostituirli saranno, infatti, gli indici di affidabilità che attiveranno meccanismi premiali limitando i controlli. «Gli studi di settore saranno aboliti dal 31 dicembre 2017, e saranno introdotti indicatori di compliance, calcolati sulla base dell’attività economica svolta in maniera prevalente», spiega Luca Occhetta di Pirola Pennuto Zei, sottolineando che questi indicatori consentiranno di stabilire (su una scala da 1 a 10) il grado di affidabilità del contribuente: quanto più elevato sarà il grado di affidabilità tanto più si potrà accedere ad un sistema premiale (ad esempio, si avrà la riduzione dei periodi accertabili). La novità si inserisce nel filone del cosiddetto adempimento spontaneo del contribuente, che di fatto sarà motivato a migliorare la propria posizione e, quindi, il suo rating di affidabilità. «Così declinata, la misura dovrebbe produrre effetti postivi perché farà da stimolo a forme più avanzate e moderne di interlocuzione Fisco-Contribuente (in aderenza ai più evoluti modelli di Cooperative Tax Compliance)», ha aggiunto Occhetta.
I nuovi indici, secondo Francesco Giuliani, partner studio Fantozzi & Associati, hanno l’obiettivo «di superare la criticità degli studi di settore, connotati dalla staticità di tali indici statistico-matematici rispetto all’inevitabile dinamismo delle realtà economiche cui venivano applicati e alle oscillazioni dei mercati di riferimento». Nella sostanza, tuttavia, il professionista spiega come non molto appaia mutato, «poiché i nuovi indici continueranno comunque a utilizzare delle metodologie statistico-economiche, che, anche se «innovative» hanno come riferimento: gli indicatori di normalità economica (anche se non più utilizzati per la stima dei ricavi ma per il calcolo di affidabilità); il valore aggiunto e il reddito di impresa (non solo i ricavi); i modelli di regressione basati su dati ampliati su otto anni (non più uno) ; i modelli di stima ciclici e non più «correttivi di crisi»; una nuova metodologia di individuazione dei modelli organizzativi».
Per Giuliani, quindi, sembrano persistere i limiti – già evidenti negli studi di settore – relativi al metodo di individuazione del contribuente affidabile. «I dati statistici, anche se sensibilizzati, infatti, non possono ricomprendere tutte le sue caratteristiche e le sfaccettature, ottenendo un dato più attendibile e corretto rispetto a quello ottenuto con gli studi di settore», fa notare il partner di Fantozzi & Associati.
Riferendosi all’addio agli studi di settore, parla invece di «vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra fisco e contribuente», Daniele Majorana, responsabile del team Tax di La Scala Studio Legale. Secondo lui, con l’operazione in questione è stato sostituito uno strumento contiguo all’accertamento induttivo, che mirava a individuare il contribuente che si discostava dalle risultanze statistiche degli studi di settore (sempre più lontane dalle risultanze dell’economia reale a causa della crisi persistente), con uno strumento che mira a premiare il contribuente che esibisce un track record virtuoso dei suoi rapporti con l’erario. «La riforma si iscrive nell’ottica dei differenti provvedimenti già approvati nel campo della compliance fiscale che mira a impostare il rapporto fisco-contribuente non in un’ottica precettiva (comminazione di sanzioni) ma in un’ottica premiale, riconoscendo al contribuente virtuoso benefici in termini di semplificazione degli adempimenti e di minori termini di accertamento», ha aggiunto Majorana.
La misura «è senz’altro positiva e da accogliere con favore, soprattutto perché si inserisce nel solco del nuovo rapporto di collaborazione cui si auspica verrà improntato il rapporto tra fisco e contribuente», commenta poi Giuliano Foglia, socio dello studio Foglia Cisternino & Partners secondo il quale la norma trasforma gli studi di settore da uno strumento con finalità repressiva da uno strumento di dialogo con il fisco.
Questa trasformazione prevista dal decreto fiscale «è da accogliere con favore» anche secondo Stefano Loconte, managing partner di Loconte&Partners, «poiché risponde alle istanze di molti professionisti che avevano da tempo denunciato la necessità di una revisione dei sistemi di controllo posti in essere dall’Agenzia per accertare la regolarità dei contribuenti». La riforma degli studi di settore, peraltro, «ha il pregio di collocarsi nel solco già da tempo tracciato dalla stessa Amministrazione Finanziaria, ovvero quello di voler rafforzare la collaborazione tra il Fisco ed i contribuenti, abbandonando la logica della repressione per promuovere quella della compliance e incentivare l’adempimento spontaneo agli obblighi fiscali», ha concluso il tributarista.