IL CORRIERE DELLA SERA
Addio ai vecchi studi di settore
Arrivano i voti ai contribuenti
«Indicatori di compliance» da uno a dieci. Rimborsi veloci a chi ha il punteggio più alto
Non più una “prova” su cui basarsi per pagare le tasse, ma uno strumento per valutare l’affidabilità dei contribuenti. Gli studi di settore usati oggi per determinare i ricavi di oltre 3 milioni di piccole aziende e professionisti saranno gradualmente trasformati e nel giro di qualche anno, non saranno più utilizzati come strumento di accertamento presuntivo del reddito. La rivoluzione degli studi di settore ne farà invece un indicatore di compliance, cioè di rischio e affidabilità dei contribuenti. Ognuno di loro avrà un “voto”, da uno a dieci, e quelli con i punteggi migliori avranno dei benefici, un percorso accelerato per i rimborsi fiscali, l’esclusione da alcuni tipi di accertamento, o una riduzione del periodo sul quale l’amministrazione fiscale può fare le sue verifiche.
La caduta di Gerico
I tecnici della Sose, la società che cura gli studi e ha messo a punto le modifiche al sistema, ci scherzano e parlano dell’evento come della «caduta di Gerico», il nome del software per la compilazione degli studi, ma è un passaggio davvero significativo, almeno considerate le critiche che da sempre hanno accompagnato gli studi di settore, ed il gettito in costante crescita che hanno garantito in questi anni all’erario. È comunque un nuovo segnale di cambiamento della strategia del governo per combattere l’evasione, che tiene in maggior conto, dicono al Tesoro, «la prevenzione, il dialogo e la collaborazione con i contribuenti». «Che ci si basi su questo e si lasci alle spalle un metodo antiquato e repressivo, con l’abbandono della congruità a favore dell’indice di affidabilità, con criteri di premialità è un cambiamento radicale» commenta il vice presidente dei tributaristi, Giorgio Del Ghingaro.
Studi più ricchi
Oggi con gli studi di settore si presume il reddito di un contribuente tenendo conto della sua attività, la dimensione dell’impresa, le caratteristiche, il luogo di attività, lo si raffronta con quello dichiarato per verificarne la “congruità” ed eventualmente si invitano i contribuenti ad adeguarsi alle pretese del fisco. Con la riforma gli studi saranno raffinati, semplificati e ridotti di numero, ma conterranno più informazioni: non solo i ricavi, ma anche il valore aggiunto, ricavi e reddito per addetto, la durata delle scorte, il costo del venduto per addetto, il valore dei beni strumentali, i costi residuali di gestione.
Stop ai correttivi
A ciascuno di questi elementi verrà attribuito un peso che contribuirà a determinare il voto finale, ovvero l’”Indice sintetico di affidabilità/compliance”. Al singolo contribuente saranno comunicati, attraverso l’Agenzia delle entrate, il risultato dell’indice sintetico e le sue diverse componenti, comprese quelle che appaiono incoerenti. «In questo modo – sottolinea in una nota il ministero dell’Economia – i contribuenti saranno stimolati a incrementare l’adempimento spontaneo e incentivati ad interloquire con l’Agenzia delle Entrate per migliorare la loro posizione sul piano dell’affidabilità». Altra novità è che i nuovi studi saranno più dinamici, cioè sapranno cogliere l’andamento del ciclo economico, evitando di dover predisporre a posteriori dei correttivi congiunturali, come è accaduto più volte nel corso di quest’ultima crisi. Mario Sensini