IL SOLE 24 ORE
La procedura amministrativa
Alle contestazioni si applica la regola del contraddittorio
Se sotto il profilo penale è pacificamente applicabile al passato la nuova disciplina, da un punto di vista amministrativo, la situazione è tutt’altro che scontata.
Innanzitutto, il decreto delegato che ha introdotto la modifica allo Statuto, prevedeva espressamente che le disposizioni avessero efficacia a decorrere dal primo giorno del mese successivo all’entrata in vigore e si applicassero anche alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali non fosse stato notificato il relativo atto impositivo. La nuova norma ha introdotto degli elementi essenziali, come la prova del disegno elusivo o il contraddittorio preventivo, a pena di nullità del provvedimento e pertanto ove si ritenessero necessari anche per accertamenti già notificati, gli stessi sarebbero nulli.
Tuttavia, occorre un distinguo. La procedura per le contestazioni di operazioni elusive, finora previste dall’abrogato articolo 37 bis, risulta sostanzialmente “trascritta” nel nuovo articolo 10 bis dello Statuto del contribuente, con la conseguenza che tali regole si sarebbero dovute già applicare a pena di nullità.
Per le condotte cosiddette “abusive”, differenti dalle operazioni elencate nel citato articolo 37 bis, in passato, non vi era alcuna previsione sulla “procedura” di accertamento e pertanto gli uffici potevano emettere atti senza alcun obbligo di contraddittorio preventivo o di dimostrazione del disegno elusivo.
Si potrebbero così verificare casi di atti notificati, prima dell’entrata in vigore del decreto, senza alcun contraddittorio col contribuente interessato o non adeguatamente motivati.
In tali ipotesi, era frequente che nel ricorso avverso il provvedimento, attesa la similitudine con le operazioni elusive (in base all’articolo 37 bis), fossero contestati i “vizi” procedurali e chiesta così la nullità, dinanzi alla quale l’ufficio era solito replicare con l’insussistenza di tali obblighi. Non a caso, peraltro, la formula di chiusura della norma («a condizione che non sia stato notificato il relativo atto impositivo») pare proprio salvare gli effetti passati, in modo sfavorevole al contribuente.
Sul punto va segnalato, però, che la Suprema Corte in una recente pronuncia (16675/2016) ha affermato che la nuova norma sull’abuso del diritto «rappresenta certamente un riferimento interpretativo delle disposizioni vigenti al tempo».
È ormai consolidato l’orientamento secondo il quale le norme interpretative e procedurali (come nella specie) hanno valenza retroattiva, proprio perché sono introdotte con il preciso fine di risolvere dubbie questioni processuali, di accertamento o di riscossione (Cassazione 6743/2015). La “norma interpretativa”, quindi, è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso (Cassazione 7488/2016), con la conseguenza che se tale orientamento viene confermato, molti degli accertamenti emessi per la contestazione di operazioni abusive sarebbero nulli.
A questo punto sarà interessante scoprire il parere dell’agenzia delle Entrate e quindi se, così come già avvenuto in passato per norme ad essa favorevoli (circolare 31/2014 sulle società estinte o circolare 43/2009 sulla presunzione di capitali all’estero), anche per questa ipotesi, evidentemente a beneficio del contribuente, confermerà la retroattività. Laura Ambrosi