ITALIA OGGI
Il primo bilancio globale emerge dal report Ocse sulle tasse presentato al G20
Dalle voluntary 55 mld di euro
È il tesoretto dei programmi di rimpatrio per gli stati
Oltre 55 miliardi di euro di maggiori entrate tributarie. È questo il «bottino» registrato finora nei paesi Ocse grazie alla nuova stagione della trasparenza in ambito finanziario e fiscale. Somme che derivano per lo più dai programmi di voluntary disclosure lanciati dai diversi governi, ma anche da iniziative analoghe volte a incentivare qualche forma di ravvedimento alla luce dell’imminente partenza dello scambio automatico di informazioni (al via da settembre 2017). È quanto emerge dal report presentato dal segretario generale dell’Ocse, José Angel Gurría, in occasione del G-20 di Hangzhou (si veda ItaliaOggi di ieri).
In Italia il programma di collaborazione volontaria previsto dalla legge n. 186/2014 ha fruttato all’erario più di 4 miliardi di euro. E proprio in queste ore l’esecutivo sta ragionando su una riapertura della regolarizzazione, che arrivi a ricomprendere anche l’anno d’imposta 2014 e che un domani potrebbe essere messo a regime come già avviene in altre giurisdizioni. «Con lo scambio di informazioni su scala globale ormai prossimo, gli evasori stanno continuando a far emergere in tutto il mondo conti e patrimoni non dichiarati», spiega Gurría ai leader del G-20, «gli stati stanno proseguendo nell’implementazione degli impegni assunti e questa collaborazione continua a prendere forza». Lo scorso 25 agosto la lista dei paesi aderenti alla Convenzione sull’assistenza amministrativa in materia fiscale, sviluppata dall’Ocse e dal Consiglio d’Europa nel 1988 e dal 2010 accessibile a tutti i continenti, ha superato quota 100. Un «risultato storico, che rende questo strumento ormai al pieno delle sue potenzialità», chiosa il segretario. Nel corso del meeting cinese, l’organizzazione parigina ha anche fatto il punto dei lavori in corso nei vari «cantieri» della fiscalità internazionale. A cominciare dall’attuazione del pacchetto Beps, il piano contro l’elusione delle multinazionali varato nel 2015 e che oggi vede l’impegno di 85 paesi. Il country by country reporting, ossia la nuova rendicontazione paese per paese sul transfer pricing delle multinazionali, è già stato introdotto in oltre 50 stati e altri 44 ci stanno lavorando. Le raccomandazioni Beps hanno poi portato nove governi ad abolire o modificare i propri regimi fiscali iper agevolati (e quindi considerati dannosi) sul patent box, aderendo alla Action 5 del progetto. A ciò si aggiunge la direttiva antielusione approvata nel giugno scorso dall’Unione europea, che recepisce nell’ordinamento comunitario le azioni 2 (strumenti finanziari ibridi), 3 (regime Cfc) e 4 (deducibilità degli interessi passivi). Senza dimenticare ulteriori provvedimenti volti allo scambio automatico a livello Ue dei ruling (Action 5) e della documentazione country by country (Action 13). Prende forma pure lo strumento multilaterale di modifica dei trattati, che consentirà di intervenire simultaneamente su oltre 2 mila convenzioni fiscali, adeguandole alle misure Beps, senza ricorrere a negoziazioni individuali. Al tavolo tecnico partecipano 96 stati. «La maggior parte del lavoro è stata fatta», osserva l’Ocse, «e confidiamo di perfezionare il testo nel mese di novembre, con l’intenzione di arrivare alla firma per fine anno». Al termine del vertice di Hangzhou, i leader dei 20 paesi più industrializzati hanno ribadito la propria piena fiducia all’Ocse, chiedendo a quest’ultima di stilare una black list dei paradisi fiscali «irriducibili», ossia dei territori che ancora non rispondono agli standard comuni di trasparenza, nei confronti dei quali «saranno adottate misure difensive». L’elenco sarà predisposto entro il mese di luglio 2017. Valerio Stroppa