IL SOLE 24 ORE
Difesa obbligatoria da 3mila euro in su
Il valore va riferito ai tributi contestati dalle Entrate
La fase del contenzioso contro gli atti del Fisco richiede molte attenzioni da parte dei professionisti, poiché eventuali errori o dimenticanze potrebbero determinare un pregiudizio irreversibile per il contribuente. La riforma approvata con il Dlgs 156/2015 ha apportato numerose modifiche alla disciplina del processo, contenuta nel Dlgs 546/1992. Queste modifiche hanno riguardato, tra l’altro, l’obbligo dell’assistenza tecnica, la disciplina della sospensione e l’esecutività delle sentenze.
Assistenza tecnica
Nell’assistenza tecnica, il limite di valore della controversia oltre il quale è fatto obbligo di dotarsi di un difensore abilitato è stato elevato a 3mila euro. Tale importo deve essere riferito alla somma dei tributi in contestazione, senza tener conto di sanzioni e interessi. In caso di lite relativa alle sole sanzioni, la cifra deve ovviamente essere riferita a queste. Con la riforma, inoltre, si è provveduto a codificare la disciplina applicabile in caso di ricorso presentato personalmente dal contribuente per controversie superiori a tale limite, recependo l’articolo 182-ter del Codice di procedura civile. Pertanto, in caso di difetto di assistenza tecnica, il giudice deve ordinare alla parte di designare un difensore entro un termine perentorio. Solo in caso di inottemperanza a tale ordine, il ricorso viene dichiarato inammissibile.
I termini
Il termine per la proposizione del ricorso è di 60 giorni dalla notifica dell’atto. Nella diversa ipotesi del silenzio rifiuto opposto per 90 giorni all’istanza di rimborso del contribuente, il ricorso può essere proposto entro il termine di prescrizione del diritto di credito (normalmente dieci anni). Dopo la proposizione del ricorso, occorre provvedere al deposito dello stesso presso la segreteria della Ctp entro i successivi trenta giorni. Tutti i termini processuali sono interrotti nel mese di agosto.
Atti impugnabili
Uno dei problemi affrontati dalla giurisprudenza riguarda l’individuazione degli atti impugnabili. L’articolo 19 del Dlgs 546/1992 contiene una elencazione di atti qualificata come tassativa. Si è tuttavia formata una giurisprudenza di Cassazione, oramai consolidata, che ha individuato due ulteriori tipologie di atti, non menzionate in tale elenco.
La prima riguarda gli atti aventi funzione analoga a quella svolta da quelli tipizzati, che determina la necessità di interpretare l’articolo 19 in forma estensiva. Si pensi ad esempio al diniego di rateazione, che è stato accostato al diniego di agevolazione. O ancora all’intimazione di pagamento, che possiede contenuto e finalità in tutto assimilabili al previgente avviso di mora.
In questi casi, resta la necessità di impugnare tempestivamente il documento ricevuto, se non si vuole che la pretesa tributaria si consolidi. Vi è poi una seconda tipologia di atti, anche del tutto atipici, che si connotano per il fatto di recare una pretesa determinata nell’an e nel quantum. In questa ipotesi potrebbe anche mancare del tutto la formale notifica del documento, spedito ad esempio per posta ordinaria.
Per tali situazioni, la giurisprudenza di legittimità ha ravvisato la facoltà di impugnazione, volta a una forma di tutela anticipata. In alternativa, il contribuente può attendere la notifica di un atto successivo e impugnare quest’ultimo, senza subire preclusioni di sorta.
Un esempio di questa seconda categoria di atti sono gli avvisi bonari emessi dai Comuni per la riscossione volontaria della tassa rifiuti. O si pensi anche alle comunicazioni di irregolarità, emesse in base agli articoli 36- bis e 36-ter del Dpr 600/1973.
Va inoltre ricordato che gli atti successivi agli avvisi di accertamento possono essere impugnati solo per vizi propri. Ne consegue che, ad esempio, contro il preavviso di fermo amministrativo, non è possibile muovere una contestazione sul merito della pretesa fatta valere nel precedente atto impositivo. Se invece l’atto della riscossione è il primo documento che il contribuente riceve, perchè il precedente atto di accertamento non è stato notificato bene, allora è sempre possibile opporre al primo eccezioni che avrebbero potuto essere mosse al secondo.
Appello
L’appello deve essere proposto, con le medesime modalità del ricorso, entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza o, in mancanza di notifica, entro il termine lungo di sei mesi dalla data del deposito della sentenza. Anche in questo caso si tiene conto della sospensione feriale.
L’appello principale si distingue da quello incidentale per il fatto di essere stato proposto per primo.L’appello incidentale, inoltre, si presenta depositando almeno due esemplari dello stesso presso la segreteria della Commissione, senza notifica alla controparte, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica dell’appello principale.
Se il contribuente si è visto accogliere alcuni dei motivi di ricorso ma rigettare, anche implicitamente, gli altri, deve proporre appello incidentale se non vuole che si formi il giudicato interno su di essi. Si pensi ad esempio ad un ricorso che contesti il difetto di contraddittorio, il vizio di motivazione e l’erroneità della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio. Se la Ctp ha accolto il ricorso argomentando solo su quest’ultimo motivo, il contribuente ha tutto l’interesse a proporre appello incidentale per reiterare in secondo grado i primi due motivi non accolti.
Pagine a cura di Luigi Lovecchio