FISCO: È una cessione «senza corrispettivo» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Il trattamento fiscale. La regola va comunque applicata a prescindere dall’applicazione del regime di esenzione o di imponibilità
È una cessione «senza corrispettivo»

Nel caso di assegnazione agevolata rilevante ai fini Iva la base imponibile va determinata con le regole delle cessioni senza corrispettivo, a prescindere dall’applicazione del r egime di esenzione o di imponibilità e dal fatto che avvenga, o meno, nel periodo di sorveglianza ai fini della rettifica.
Il calcolo della base imponibile assume rilevanza anche nel caso di assegnazione esente, e questo non solo ai fini della corretta quantificazione e dichiarazione dei valori. Infatti, se l’immobile è un bene merce, l’assegnazione potrebbe incidere sul pro rata di detrazione (e sulla relativa rettifica). Diversamente, quando l’immobile assegnato è un bene d’investimento per il quale l’Iva era stata detratta anche solo in parte, scatterà la rettifica della detrazione, sempre che l’operazione avvenga nel periodo di sorveglianza.
Quando l’assegnazione avviene in regime d’imponibilità – si pensi, per esempio, al costruttore che la effettua entro cinque anni dalla fine lavori – la valorizzazione della base imponibile ha invece un effetto “diretto” sull’ammontare dell’imposta dovuta.
Posto che la norma agevolativa nulla prevede in materia di Iva, si dovranno applicare le regole generali e, pertanto, nel caso specifico, l’articolo 13, comma 2, lettera c) del Dpr 633/72 . La circolare 26/E/2016 ha precisato che «la previsione del criterio del prezzo di acquisto o di costo, in sostituzione di quello del valore normale, implica che la base imponibile Iva della cessione gratuita non comprenda il “ricarico” normalmente praticato sul mercato per quel bene, bensì sia costituita dal prezzo di acquisto del bene “attualizzato” al momento della cessione». Come si è già osservato (si veda Il Sole 24 Ore del 22 luglio 2016), l’attualizzazione del valore non dovrebbe consistere nell’applicazione di un calcolo matematico-finanziario, né tanto meno di criteri forfetari, quali quello del “costo non ammortizzato”, di derivazione civilistico-reddituale. L’inapplicabilità di detti metodi pare peraltro discendere anche dalla sentenza della Corte di giustizia dell’8 novembre 2012, causa C-299/11.
Non si potrà nemmeno invocare una forfetizzazione determinata in base al periodo decennale per la rettifica della detrazione con le modalità dell’articolo 19 bis 2 del Dpr 633/72 (normalmente più conveniente nel caso degli immobili). L’articolo 16 della direttiva 2006/112/CE stabilisce, infatti, che l’autoconsumo (in senso lato) è assimilato a una cessione di beni a titolo oneroso e, pertanto è un’operazione nuova, da tassare sul valore residuo del bene. In questo modo si evita che un soggetto possa acquistare un bene come soggetto passivo per poi trasferirlo alla sfera privata del tutto detassato.
Si tratta di un meccanismo con finalità simili a quelle della rettifica della detrazione. Esiste tuttavia una differenza di base: la rettifica opera come “correttivo” necessario per “ritarare” la misura della detrazione rispetto al momento dell’acquisto, mentre l’autoconsumo trova il suo fondamento nella realizzazione di una nuova operazione. Nuova operazione che si configura anche nel caso dell’”autoconsumo” per cessazione dell’attività di cui all’articolo 18, lettera c) della direttiva.
Pertanto, proiettando il ragionamento della sentenza della Corte di giustizia del 16 giugno scorso (causa C-229/15) al caso di specie, si dovrebbe concludere per l’applicazione delle norme sull’autoconsumo anche per le operazioni che intervengono nel periodo di sorveglianza, ancorché la sentenza tratti esclusivamente di un’ipotesi in cui il decennio è già spirato. Tale conclusione pare coerente anche alla luce del fatto che al punto 39 della sentenza sono state trasfuse le considerazioni dell’avvocato generale secondo cui l’assoggettamento a Iva dell’“autoconsumo” trova applicazione indipendentemente dal periodo trascorso tra la data d’acquisizione del bene e quella di cessazione dell’attività (nel nostro caso, adattando la pronuncia, dell’assegnazione). Resta comunque ferma l’applicazione del sesto comma dell’articolo 19 bis 2 del Dpr 633/72 per le operazioni intervenute nel periodo di rettifica. Matteo Balzanelli Massimo Sirri

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