FISCO: Inerenza mancante: le parti non hanno un onere di prova (Italia Oggi)

IL SOLE 24 ORE

L’altro rilievo. Si discute del collegamento con l’attività
Inerenza mancante: le parti non hanno un onere di prova

Lun.10 – La presunta antieconomicità delle spese nei rapporti tra società di servizi e professionisti (ma il problema vale anche per talune spese, come quella dei compensi degli amministratori delle imprese) si lega al tema dell’inerenza. In questi casi si usa parlare di inerenza quantitativa.
Spese non pertinenti
Quando l’Agenzia non ammette completamente in deduzione la spesa perché ritenuta antieconomica, viene negato, di fatto, anche se in ragione della sua entità, ogni collegamento della spesa con l’attività svolta dal professionista (o dall’imprenditore). Sicché, in questo caso, la spesa viene implicitamente ritenuta non inerente, quindi mancante di un collegamento con l’attività svolta dal professionista (o dall’imprenditore).
In questi casi (come in uno di quelli segnalati al Sole 24 Ore) generalmente le Entrate asseriscono che l’onere di prova circa l’eventuale inerenza dei componenti negativi di reddito spetta al contribuente.
Premesso che l’onere di prova spetta in generale all’amministrazione (secondo il dettato dell’articolo 2697 del Codice civile), va rilevato che, comunque, le vicende legate all’inerenza, in realtà, non necessitano di prova. L’onere della prova trova applicazione, infatti, secondo l’articolo 2697 del Codice quando i fatti oggetto della decisione risultano incerti.
Per l’inerenza però non sono quasi mai i fatti che vengono posti in discussione, cioè non rileva capire se quella spesa, ad esempio, è stata effettivamente sostenuta (non si sta parlando di utilizzo di fatture false). Per l’inerenza quello che rileva è se la spesa ha un collegamento o meno con l’attività esercitata. Tutto ciò però non è riconducibile a un fatto, che può essere oggetto di prova, ma a una valutazione del fatto o dei fatti.
Quindi, per l’inerenza risulta improprio attribuire alle parti oneri di prova. Le parti hanno, più propriamente, un onere di allegazione dei fatti posti a fondamento delle proprie tesi:
l’ufficio deve quindi allegare all’atto di accertamento i fatti e le ragioni per le quali ritiene che determinati componenti economici non hanno alcun collegamento con l’attività;
il contribuente dovrà allegare i fatti e le ragioni per cui ritiene che gli stessi componenti hanno un legame con l’attività.
Spese eccessive
Quando invece l’ufficio ridetermina al ribasso l’entità di una spesa che ritiene troppo elevata, si è nell’ambito delle rettifiche analitico-induttive, disciplinate dal secondo periodo del comma 1, lettera d), dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, le quali si basano su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. In questo caso vi è un onere di prova, il quale ricade per primo sull’amministrazione, che dovrà dimostrare in giudizio che gli elementi presuntivi fondanti la rettifica hanno i caratteri di gravità, precisione e concordanza. Solo dopo che l’ufficio avrà assolto tale onere, quest’ultimo graverà sul contribuente.

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