ITALIA OGGI SETTE
In attesa di una norma, le sezioni unite delimitano il perimetro dell’assoggettabilità
Irap, autonoma organizzazione A parlare è la Cassazione
Lun.13 – La Corte di cassazione ha tentato, una prima volta, di individuare i criteri per un’uniforme applicazione dell’Irap ai professionisti e ai lavoratori autonomi, attraverso un articolato insieme di sentenze deliberate, da più collegi, nel cosiddetto «Irap day» o «dies Irap» (8 febbraio 2007). Ne sono scaturite numerose indicazioni unanimi, ma è anche emerso un dissenso di fondo. L’orientamento numericamente prevalente si è attestato sull’affermazione secondo cui il richiesto surplus idoneo a determinare l’assoggettamento a Irap può essere costituito dalla presenza di un dipendente stabile (anche solo part time o solo con funzioni meramente accessorie).
Si è però anche manifestato un indirizzo che appare più coerente con il dettato costituzionale e non ritiene che un dipendente costituisca fattore di per sé decisivo per determinare il riconoscimento della «stabile organizzazione» (Cass. 5009/2007; Cass. 5258/2007). Stando a questo secondo indirizzo non si esclude che la presenza di un dipendente possa costituire indizio di «stabile organizzazione», e si rimette la valutazione al giudice di merito, escludendo un automatismo fra la presenza del dipendente e la soggezione a Irap (cfr. sent. n. 22592 dell’11/12/12). Infine, con le sentenze n. 22024 e 22015 del 25/9/13 (seguite da numerosi provvedimenti conformi) la sesta sezione ha affermato che l’automatica sottoposizione a Irap del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate vanificherebbe l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore e aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l’Irap divenga una (incostituzionale) «tassa sui redditi di lavoro autonomo». Questo indirizzo della sesta sezione, in dissenso con quello della quinta sezione ha determinato la remissione del punto alle sezioni unite che con la sentenza n. 9451/2016 ha affermato che: «Con riguardo al presupposto dell’Irap, il requisito dell’autonoma organizzazione, previsto dall’art. 2 del dlgs 15/9/1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrere quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».
Balza agli occhi l’aggiunta alle parole della sentenza del 2007 di un’importante puntualizzazione che di fatto restringe la portata del principio: «oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».
Questa novità coinvolge un gran numero di contribuenti e realizza, almeno in parte, l’obiettivo perseguito dall’art. 11, co. 2 della legge 11/3/2014, n. 23, con cui il governo era stato delegato a emanare norme volte a «chiarire la definizione di autonoma organizzazione, anche mediante la definizione di criteri oggettivi, adeguandola ai più consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale, ai fini della non assoggettabilità dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori all’imposta regionale sulle attività produttive». Delega, peraltro, caduta nel vuoto. Carlo Cicala