IL CORRIERE DELLA SERA
«La priorità è la semplificazione. Attenzione a non moltiplicare le procedure e gli accertamenti»
Molta curiosità e qualche diffidenza. È così che il mondo delle professioni accoglie l’annuncio del Mef in merito alla riforma degli studi di settore, strumento discusso e spesso contestato dagli esperti del settore. «Un provvedimento che riguarderà direttamente e indirettamente i professionisti italiani — osserva Marina Calderone, presidente dei Consulenti del lavoro ma anche del Comitato unitario delle professioni — ci riguarda come contribuenti ma anche come operatori del settore chiamati a dare un contributo a questa trasformazione proposta dal ministero dell’Economia».
La riforma degli studi di settore come strumento di accertamento presuntivo è una buona notizia? «Tutto ciò che va verso una tassazione effettiva è da noi salutato con favore. In questo modo il contribuente avrebbe la possibilità di accedere autonomamente alle informazioni in possesso del Fisco relative alla propria posizione contributiva in modo da indurlo a valutare con attenzione la situazione dei redditi dichiarati».
Cosa cambia di sostanziale? «Si tratta di un’evoluzione della compliance nei rapporti con l’amministrazione finanziaria in quanto il contribuente sarebbe in grado di conoscere in anticipo e nella più assoluta trasparenza le informazioni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per le attività di verifica. Gli studi di settore viceversa seguono una logica del tutto opposta in quanto sia il risultato di congruità sia quello di coerenza sono determinabili solo a posteriori, cioè dopo la chiusura del periodo di imposta».
Il ministero assicura che la nuova metodologia garantirà un sistema di calcolo più vicino alla realtà e meno presuntivo. È l’inizio di una nuova era di rapporti tra contribuente e Fisco? «Il nuovo indicatore dovrà essere finalizzato a consentire a imprese e professionisti una migliore conoscenza dell’andamento dell’indicatore applicabile nel corso dello stesso anno. Cioè seguendo la logica di rafforzamento della compliance anche in un’ottica di persuasione dei contribuenti. Da qui la necessità di conoscere in modo definitivo gli indicatori entro la fine dell’anno precedente».
Quali potranno essere le ricadute per il contribuente relative all’abolizione? «Di due tipologie. Da un lato la semplificazione e la dichiarazione del reddito effettivo e non presuntivo. Dall’altro la perdita dei vantaggi della copertura che la norma attuale sugli studi di settore consente in merito al meccanismo premiale sugli accertamenti».
Il sistema premiante (di rimborsi fiscali e riduzione dei tempi) è il metodo giusto per favorire più fedeltà nella dichiarazione dei redditi? «Sì, perché semplifica gli adempimenti e i relativi costi e contribuisce alla certezza delle regole, elemento quest’ultimo essenziale per qualsiasi operatore economico».
Quale può essere il contributo dei professionisti a questo cambio di modello? «Promotori della legalità e fornitori di preziose informazioni in merito al corretto sviluppo della conoscenza della realtà economica del comparto e di uno stimolo a un reciproco rapporto tributario finalizzato al contenimento dell’evasione».
Esistono rischi o trappole da evitare perché tutto funzioni al meglio? «Direi di no. Ogni atto di semplificazione non può che essere salutato con favore a condizione che sia riscontrabile nella pratica. Ovviamente il superamento degli studi di settore andrà valutato meglio dopo aver letto la riforma che ha in mente il legislatore e speriamo che non generi altri strumenti accertativi». Ogni tanto la cura può rivelarsi più dannosa della malattia. Isidoro Trovato