IL SOLE 24 ORE
Abuso del diritto. Gli aspetti procedurali per l’emissione degli avvisi di accertamento da parte degli uffici dopo la riforma
L’elusione non cancella le imposte versate
Mar.29 – Le modifiche apportate alla norma sull’abuso del diritto (ora diventata l’articolo 10 bis della legge 212/2000) riguardano due aspetti fondamentali, ovvero i criteri per il disconoscimento delle operazioni elusive e gli aspetti procedurali per l’emissione degli avvisi di accertamento da parte degli uffici.
Su questo secondo aspetto va anche sottolineata la conferma, seppure con lievi modifiche, del principio secondo il quale in sede di accertamento l’amministrazione finanziaria non si deve limitare a chiedere le maggiori imposte dovute, ma deve anche scomputare quelle che i contribuenti hanno già assolto.
Questa regola è contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 10 bis, il quale dispone che «Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni».
Va notato un cambiamento terminologico rispetto alla precedente versione di questa disposizione che era contenuta nel comma 2 dell’articolo 37 bis del Dpr 600/73. La vecchia norma, infatti, prevedeva il recupero «applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amministrazione».
Dovrebbe essere chiaro il motivo del passaggio dalle imposte dovute ai tributi versati: le operazioni poste in essere in precedenza vengono completamente disconosciute dall’amministrazione, se vi sono ancora importi dovuti dai contribuenti (ad esempio per tributi rateizzati) essi non sarebbero più tenuti al pagamento. Come logica conseguenza, gli importi non ancora pagati non potranno essere scomputati da quanto dovuto in base all’accertamento. Con la nuova formulazione, è invece chiaro che solo quanto effettivamente versato dei contribuenti può essere scomputato dalle somme dovute in seguito alla contestazione dell’operazione elusiva.
Possiamo fare un esempio concreto relativo a questa norma, prendendo in considerazione una delle operazioni che in tempi recenti è stata oggetto delle maggiori contestazioni delle varie amministrazioni finanziarie periferiche. Facciamo riferimento all’ipotesi in cui i soci (persone fisiche) di una società dotata di grosse riserve di utili e di liquidità disponibile hanno posto in essere le seguenti operazioni: affrancamento delle partecipazioni sfruttando le aliquote agevolate del 2, del 4 o dell’8%; cessione delle partecipazioni rivalutate a una holding di nuova costituzione posseduta nei fatti dagli stessi soci; rinvio del pagamento del debito della holding nei confronti dei cedenti con iscrizione di un debito nel passivo della società; distribuzione di dividendi da parte della società ceduta al suo nuovo socio di riferimento, cioè la holding; utilizzo della liquidità ricevuta dalla holding per il pagamento (totale o parziale) del debito nei confronti dei soci cedenti.
L’intento elusivo di quest’operazione è quello di trasformare la tassazione dei dividendi che i soci originari avrebbero percepito in una tassazione sul capital gain ridotta grazie all’operazione di affrancamento. Se non esistono valide ragioni di altra natura per giustificare una simile costruzione e questa sequenza di operazioni, l’amministrazione potrebbe disconoscere il beneficio, e quindi tassare in capo alle persone fisiche (i soci originari) i dividendi distribuiti.
In questa situazione, però, occorre tenere conto delle imposte che sono state versate dai soggetti che hanno partecipato all’operazione, e quindi sia delle imposte sostitutive dei soci sia dell’Ires versata dalla holding sui dividendi che ha incassato. Qualora la rateizzazione dell’imposta sostitutiva fosse ancora in corso verranno scomputati solo gli importi già versati a fronte di una cancellazione delle rate future. Dato che la norma fa riferimento a tutti i tributi versati, e che si dovrebbe considerare nei fatti inesistente, ovviamente solo a fini fiscali, l’interposizione della holding, tra gli importi oggetto di scomputo dovrebbe figurare anche l’imposta di registro pagata dalla holding sull’acquisizione delle quote. Primo Ceppellini Roberto Lugano