IL SOLE 24 ORE
Niente Irap con un solo dipendente
Il professionista, l’artista o l’imprenditore individuale che impiega un solo collaboratore che esplica mansioni di segreteria o meramente esecutive non è obbligato a pagare l’Irap. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno così risolto, con la sentenza 9451 di ieri, la più rilevante delle questioni che erano state loro sottoposte circa un anno fa.
Con le precedenti sentenze 7291 e 7371 del 2016 le stesse Sezioni unite avevano negato alle associazioni tra artisti e professionisti e alle società semplici la possibilità di provare l’assenza dell’autonoma organizzazione, pronunciandosi in senso contrario rispetto alla prevalente giurisprudenza di legittimità. Questa volta hanno, invece, aderito all’orientamento minoritario – che appare, peraltro, maggiormente condivisibile – che si è fatto strada più di recente e in base al quale, al fine di verificare l’esistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione, è «necessario accertare in punto di fatto l’attitudine del lavoro svolto dal dipendente a potenziare l’attività produttiva». La maggior parte delle sentenze precedenti avevano, invece, affermato che l’assoggettamento all’Irap si verifica automaticamente in presenza di un solo collaboratore impiegato in via continuativa, anche part time.
Le Sezioni unite hanno innanzitutto richiamato il principio ormai consolidato in base al quale la detta autonoma organizzazione postula «l’esistenza di uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità», di un insieme di fattori «tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso».
Hanno, tuttavia, ritenuto che i principi affermati dalla prevalente giurisprudenza «meritino, più che una rivalutazione, delle precisazioni concernenti il fattore lavoro», perché affinché lo stesso rechi all’attività del contribuente «un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica professionalità espressa» nell’attività esercitata.
Deve, cioè trattarsi di un collaboratore che svolga mansioni professionali in grado di potenziare l’attività del contribuente e non «di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico». Il principio affermato dalle Sezioni unite può, ad esempio, riguardare, oltre alla segretaria, l’infermiere e l’addetto alla pulizia dei locali.
CORRELATI
È stato, infine, affermato il principio di diritto in base al quale il presupposto impositivo è configurabile quando il contribuente si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui «che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive». Quindi l’assoggettamento al tributo regionale si verifica qualora siano impiegati a tempo pieno due o più dipendenti o collaboratori con tali caratteristiche (mentre dovrebbe essere possibile l’impiego di due dipendenti part time, la cui attività equivale a quella di uno a tempo pieno).
La sentenza in esame interessa un grande numero di contribuenti che esercitano in forma individuale l’attività professionale, artistica o d’impresa (in qualità di agenti, rappresentanti, promotori finanziari, artigiani, piccoli commercianti, coltivatori diretti del fondo ed in genere di piccoli imprenditori che esercitano l’attività prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia).
Notevole sarà, altresì, l’impatto sul contenzioso esistente, stante che l’Agenzia delle entrate, nella direttiva numero 42 dell’11 giugno 2014 aveva condiviso l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo. Da ora in avanti dovranno essere, invece, accertate le mansioni svolte dal dipendente o collaboratore sulla base delle risultanze del contratto e, ove possibile, dell’attività dallo stesso effettivamente svolta. Gianfranco Ferranti