IL SOLE 24 ORE
Dichiarazioni/2. Da oggi integrati gli illeciti dichiarativi 2016
Per i reati tributari la prescrizione corre a più velocità
Con la presentazione della dichiarazione (il cui termine scade oggi, 30 settembre) iniziano a decorrere anche i termini di prescrizione per eventuali illeciti penali di tipo dichiarativo: è il caso delle dichiarazioni fraudolente con o senza fatture false e delle dichiarazioni infedeli.
È proprio dal giorno della presentazione della dichiarazione, infatti, che questi reati si ritengono consumati con la conseguenza che i termini prescrizionali entro cui occorre pervenire a sentenza definitiva di condanna decorrono da tale data.
Si ricorda che la prescrizione è una causa di estinzione del reato, o meglio è la modalità di estinzione del diritto per il mancato esercizio dello stesso da parte del titolare per il tempo determinato dalla legge.
Nel diritto penale, più concretamente, la prescrizione trova fondamento nell’attenuarsi dell’interesse dello Stato a punire quei reati il cui “ricordo sociale” si è affievolito per il decorso del tempo. Risponde, altresì, all’esigenza di garantire all’imputato una durata ragionevole del processo, secondo quanto stabilito dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Gli unici limiti all’operatività dell’effetto estintivo della prescrizione sono rappresentati dalla commissione di un delitto punito con la pena dell’ergastolo in considerazione della sua gravità e dall’esistenza di una sentenza di condanna irrevocabile intervenuta prima della decorrenza del termine di prescrizione.
Occorre ricordare poi che la prescrizione opera per tutta la durata del processo penale: ciò significa che, tranne nel caso in cui si verifichi una causa interruttiva (si veda l’articolo in basso), la sentenza definitiva deve intervenire entro il termine di prescrizione, altrimenti il reato non sarà più perseguibile.
Inizialmente il decreto legislativo 74/2000 non aveva introdotto specifiche regole sui termini prescrizionali dei delitti tributari trovando così applicazione la disciplina generale prevista dal codice penale. Ne conseguiva che tali reati si prescrivevano nel termine di sei anni che, a seguito di eventuale interruzione, diventavano sette e mezzo (a decorrere, per i reati dichiarativi, dalla presentazione della dichiarazione).
Con la legge 148/2011, dal 17 settembre 2011 è stata introdotta una disciplina ad hoc nel decreto 74/2000 (nuovo comma 1-bis dell’articolo 17). In base a tale norma i termini di prescrizione per alcuni delitti tributari sono stati elevati di un terzo. Ciò significa, in altre parole, che il termine precedente di 6 anni, aumentato di 1/3 è diventato di otto anni ovvero di dieci in caso di interruzione.
Attualmente, pertanto, per gli illeciti penali tributari commessi dopo il 17 settembre 2011 esiste un regime prescrizionale differenziato e, in particolare:
per i reati di omesso versamento delle ritenute, dell’Iva, l’indebita compensazione e la sottrazione fraudolenta si applica il termine di sei anni, ovvero sette e mezzo in caso di interruzione;
per tutti gli altri reati (dichiarazioni fraudolente, infedele, omessa presentazione, occultamento o distruzione di scritture contabili, emissione di fatture false) trova applicazione il più lungo termine di 8 anni che diventa di 10 in presenza di cause interruttive.
Da segnalare infine che la Corte di Giustizia Ue (C-105/14 dell’8/9/2015, sentenza “Taricco”) ha ritenuto che in tema di gravi frodi Iva il termine ordinario di prescrizione debba ricominciare a decorrere da capo in presenza di ogni atto interruttivo. Secondo la Corte Ue, il giudice italiano deve disapplicare le norme del codice penale nella misura in cui queste – fissando un limite massimo al corso della prescrizione, pur in presenza di atti interruttivi – impediscano allo Stato di adempiere agli obblighi di tutela effettiva degli interessi finanziari della Ue.
Su questa problematica la Corte di appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale rilevando che il principio di legalità costituirebbe un “controlimite” all’ingresso del diritto comunitario nel nostro ordinamento. La decisione della Consulta verrà assunta il prossimo 23 novembre.
Antonio Iorio