IL SOLE 24 ORE
Professionisti, accrediti «salvi»
Per gli esercenti arti e professioni sarà abolita la presunzione legale che gli accrediti sui conti bancari costituiscono compensi evasi, dopo che è stata dichiarata costituzionalmente illegittima quella relativa ai prelevamenti.
Questa inaspettata novità è stata prevista nello schema di decreto di revisione del sistema sanzionatorio, che ha introdotto anche una nuova sanzione per i casi di mancata o inesatta indicazione dei beneficiari delle somme prelevate, che parrebbe, però, non applicarsi a questi soggetti.
L’articolo 31, comma 1-bis, lettera e) dello schema di decreto stabilisce che, per il 2016 e il 2017, «non si applicano» le parole «o compensi» e «i prelevamenti o», contenute nell’articolo 32, comma 1, n. 2 del Dpr 600/1973. Con quest’ultima eliminazione è stata abrogata anche per le imprese la presunzione che i prelievi dai conti bancari per i quali non è fornita un’idonea giustificazione costituiscono ricavi evasi (si veda Il Sole 24 Ore del 16 luglio). Si tratta di una novità che – a parte la stravagante previsione della valenza biennale – appare senz’altro condivisibile, anche perché la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima, nella sentenza 228/2014, l’applicazione della stessa presunzione nei riguardi degli esercenti arti e professioni, rilevando che la loro attività si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio, la “marginalità” dell’apparato organizzativo e «un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria … da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali»: caratteristiche riscontrabili anche nei riguardi di talune categorie di imprenditori individuali, quali agenti, promotori finanziari e piccole imprese (che sono stati esclusi dall’Irap proprio in considerazione dell’assenza di un’autonoma organizzazione). Adesso la presunzione relativa ai prelevamenti viene eliminata per tutte le imprese, nei cui confronti resta applicabile solo quella relativa agli importi riscossi. Dalla norma andrebbe, però, espunta la locuzione «se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario», riferibile ai prelevamenti (per i quali non opera più la presunzione) e non agli importi «riscossi», di cui il beneficiario è, evidentemente, lo stesso titolare del conto.
Tornando agli artisti e ai professionisti, la Corte costituzionale aveva sancito l’illegittimità della disposizione in esame limitatamente alle parole «o compensi», facendo sorgere il dubbio se fosse venuta meno anche la presunzione relativa agli accrediti sul conto bancario. Tale conclusione contrastava, però, con la motivazione della stessa sentenza, nella quale è stato fatto riferimento solo alla presunzione relativa ai prelievi. Anche la Corte di cassazione ha richiamato esclusivamente questa presunzione nelle recenti sentenze 1008, 4585, 9721 e 12021 del 2015, nelle quali si è “adeguata” alla pronuncia della Consulta.
Il legislatore delegato si è adesso spinto ancora oltre, eliminando la parola «compensi» da una disposizione dalla quale è stato espunto anche il riferimento ai «prelevamenti»: eliminazione, quest’ultima, che sarebbe stata sufficiente per adeguarsi alla declaratoria di incostituzionalità. L’effetto è stato quello di escludere completamente tali soggetti dalla normativa concernente le presunzioni legali conseguenti alle indagini finanziarie.
Appare, pertanto, possibile sostenere che ai soggetti in esame non si applichi neanche la sanzione introdotta, dall’articolo 15, comma 1, lettera m), n. 6 dello stesso schema di decreto, per i casi di mancata o inesatta indicazione del beneficiario delle somme, essendo precisato che le stesse devono essere prelevate «nell’ambito dei rapporti e delle operazioni di cui all’articolo 32, comma 1, n. 2,» del Dpr 600/1973. Sul punto, però, sarebbe opportuna una conferma ufficiale. Gianfranco Ferranti