IL SOLE 24 ORE
Accertamenti. Sotto la lente del fisco una serie di operazioni quali sovra/sottofatturazioni e deducibilità delle spese non riaddebitate al cliente
Rilievi «automatici» ai professionisti
A rischio anche la detrazione Iva per l’acquisto di immobili non accatastati in A/10
Lun.18 – Sempre più spesso il fisco accende i fari sui professionisti, contestando la sottofatturazione o la sovrafatturazione dei compensi, l’indeducibilità di spese non riaddebitate al cliente, e l’indetraibilità dell’Iva per l’acquisto di abitazione a destinazione d’uso ufficio. Di solito, in questi casi, i controlli vengono svolti senza effettuare alcun accesso presso lo studio professionale, ma soltanto attraverso l’invito a comparire rivolto direttamente al professionista.
Esaminiamo distintamente le varie fattispecie di contestazioni che possono essere mosse, identificando per ciascuna di esse quali sono i rilievi dell’amministrazione e su quali disposizioni si basano. Nell’altro articolo di questa stessa pagina indicheremo invece quali elementi non possono mancare nelle contestazioni dell’amministrazione, indicando anche le cautele adottabili caso per caso.
Sottofatturazione Può accadere che, a seguito dell’invio di questionari a clienti o sulla base di ricostruzioni statistiche, quali ad esempio le medie dei compensi della categoria professionale della zona, l’amministrazione finanziaria contesti una presunta sottofatturazione. Il rilievo, basato sulle scelte antieconomiche, viene di norma formalizzato in base a un accertamento analitico-induttivo, a meno che non si contesti la totale inattendibilità della contabilità per gravi, numerose e ripetute irregolarità delle scritture o per omessa presentazione della dichiarazione.
Prestazioni gonfiate Sempre nell’ambito dei controlli incrociati e delle verifiche a società che hanno avuto rapporti con professionisti, può venire contestata l’esosità della prestazione fatturata, ritenuta “sovrafatturata” o “gonfiata” e quindi suscettibile di integrare la dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture in parte inesistenti per la società che ha dedotto il costo e l’emissione di fattura parzialmente falsa per il professionista che ha emesso il documento. La questione non è di poco conto poiché sia il professionista sia la società saranno chiamati a rispondere di una violazione penale, oltre che tributaria.
Spese non riaddebitate Più di recente, è capitato anche che gli uffici delle Entrate abbiano ripreso a tassazione ai fini delle imposte dirette e dell’Iva le spese sostenute dal professionista per conto dei clienti, disconoscendone la loro integrale deduzione. Così, oltre alle ipotesi in cui viene posta in dubbio l’esistenza stessa dei costi per mancata documentazione, accade che gli organi di controllo contestino tali spese, seppur documentate, in assenza di un corrispondente e immediato riaddebito al cliente. La questione è rilevante perché riguarda tutti i professionisti che sostengono costi per l’espletamento di incarichi conferiti da propri clienti (quali, ad esempio, spese di cancelleria e stampati, spese per contrassegni postali, notifiche, visure e certificati, ma anche taxi e altri viaggi eccetera) e li deducono dal reddito imponibile nell’esercizio in cui sono stati sostenuti, ritenendo rispettato il requisito dell’inerenza, a prescindere dal loro analitico addebito in fattura al cliente (si veda «Il Sole 24 Ore» dello scorso 9 maggio).
Detrazione Iva per lo studio
Potrebbe porsi anche il caso in cui l’ufficio contesti la detrazione dell’Iva a quei professionisti che acquistano (con Iva) da una società di costruzione un’abitazione da adibire a studio, senza modificare la destinazione d’uso in ufficio A/10.
In realtà, la contestazione si basa:
sul fatto che l’articolo 19-bis1 comma 1 lettera i) del Dpr 633/72 dispone che «non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa (…), salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati» su quanto sostenuto dalla prassi consolidata dell’agenzia delle Entrate secondo cui per fabbricati «a destinazione abitativa» devono intendersi «le unità immobiliari catastalmente classificate o classificabili nelle categorie da A/1 ad A/11, escluse quelle classificate o classificabili in A/10». Rosanna Acierno