FISCO: Riorganizzazioni senza elusione (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE
Riorganizzazioni senza elusione
La operazioni aziendali motivate da ragioni organizzative o gestionali non sono da considerarsi elusive. È questo il principio contenuto nel comma 3 dell’articolo 10 bis dello Statuto del contribuente a seguito dell’attuazione della riforma fiscale. Un principio che consente una diversa modalità di costituzione di una holding. Per non essere elusive le operazioni devono essere giustificate da ragioni extra fiscali di tipo organizzativo o gestionale. Deve trattarsi di ragioni non marginali: la relazione illustrativa al provvedimento ha evidenziato che per cogliere la non marginalità delle ragioni extra fiscali occorre guardare «all’intrinseca valenza di tali ragioni rispetto al compimento dell’operazione di cui si indaga l’abusività. In questo senso, le valide ragioni economiche extrafiscali non marginali sussistono solo se l’operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza. Occorre, appunto, dimostrare che l’operazione non fosse stata compiuta in assenza di tali ragioni»; devono rispondere a una finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa. Il principio introdotto, in linea con quanto stabilito dalla legge delega, era presente nella massima della sentenza di Cassazione n. 1372 del 2011 che aveva indicato che si doveva considerare non elusiva un’operazione con valide ragioni extra fiscali non marginali anche in assenza di una redditività immediata. Un’esigenza molto sentita dalle imprese è quella di separare gli asset a seconda della loro destinazione economica. Pertanto, spesso, partendo da un unico soggetto giuridico che contiene l’azienda, si procede alla suddivisione dei beni e delle attività con la costituzione di società holding che detengono oltre alle partecipazioni altri asset che hanno una diversa prospettiva rispetto all’azienda. L’operazione classica è quella dello scorporo del ramo d’azienda operativo con la costituzione di una nuova società che detiene solo l’azienda lasciando, ad esempio, nella società di partenza, diventata holding, oltre alle partecipazioni generate dallo scorporo, anche gli immobili o i marchi e i brevetti. In pratica, restano nella holding tutti quei beni che possono avere destinazioni economiche diverse dal semplice utilizzo da parte dell’azienda, anche solo a livello prospettico e/o per la semplice finalità di protezione del patrimonio. In linea di principio l’operazione di scorporo di ramo d’azienda non genera criticità in quanto fiscalmente è neutrale ai sensi dell’articolo 176 del Testo unico.
Tuttavia non sempre risulta agevole spostare l’azienda in un nuovo soggetto giuridico: il trasferimento delle licenze, dell’iscrizione ad albi e/o elenchi, il passaggio dei dipendenti, la necessità di chiudere e riaprire la contabilità, le segnalazioni a clienti e fornitori, il ricollocamento delle posizioni finanziarie con gli istituti di credito sono solo alcuni degli adempimenti che questa operazione richiede. In molti casi, soprattutto per le aziende industriali medio-grandi, il costo diretto e indiretto di questi adempimenti, oltre, in alcuni casi, al rischio di perdere posizioni già acquisite e consolidate ad esempio in termini di licenze e iscrizioni, non consente di realizzare la costituzione della holding mista tramite lo scorporo. Per raggiungere l’obiettivo di separazione dell’azienda da alcuni beni e contemporaneamente costituire una holding è possibile articolare un’operazione nel seguente modo: scissione proporzionale dei beni da separare rispetto all’azienda in una beneficiaria di nuova costituzione; conferimento da parte dei soci delle quote della scissa (la società che continua a detenere l’azienda), con le regole dell’articolo 177 del Testo unico, nella beneficiaria (che diventa holding). Il risultato finale, sostanzialmente, sarà il medesimo del conferimento di azienda, solo che si applicano disposizioni normative differenti, in grado comunque di garantire la neutralità fiscale per il raggiungimento di un obiettivo lecito di riorganizzazione di un patrimonio aziendale. Alla fine vi sarà una holding che detiene i beni che si vogliono separare dall’azienda e le partecipazioni nella società che detiene l’azienda, con la differenza che quest’ultima non si è mossa dal contenitore giuridico in cui è sempre stata.
La maggiore complessità in termini di operazioni (scissione e conferimento di partecipazioni) è più che compensata dal venir meno della mole di adempimenti necessari per spostare l’azienda. Un’operazione aziendale motivata da ragioni organizzative o gestionali, non marginali, finalizzate a un miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa non può essere considerata elusiva: il fisco non dovrebbe poter sindacare la tecnica con la quale si è ottenuto l’obiettivo legittimo. In sostanza, dovrebbe essere del tutto indifferente scegliere la strada principale del conferimento d’azienda ovvero quella della scissione e del conferimento, giuridicamente più tortuosa ma decisamente più semplice in ambito aziendale. Depone in questo senso anche il principio previsto dal comma 4 dello stesso articolo 10 bis, che evidenzia la libertà di scelta del contribuente tra i diversi regimi opzionali previsti dalla legge. Una conferma di questo principio nell’attesa circolare sulla nuova disciplina dell’abuso del diritto sarebbe opportuna per dare maggiori garanzie agli operatori. Primo Ceppellini Roberto Lugano

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