FISCO: Sanatoria ruoli con via d’uscita (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Dl fiscale. Con il mancato perfezionamento il contribuente potrebbe tornare al vecchio piano di rateazione
Sanatoria ruoli con via d’uscita
L’adesione non pregiudica il dietrofront prima del versamento

La decisione di rottamare le cartelle dovrebbe poter essere revocata prima del pagamento della prima rata, senza che questo comporti la perdita delle dilazioni in corso. Il debitore ha, infatti, certezza delle somme da versare solo dopo il ricevimento della comunicazione di Equitalia, che indica anche l’importo delle rate da versare. Se a questo si aggiunge che se non si è in grado di far fronte al debito definito non solo si decade dalla rottamazione ma si perde qualunque possibilità di dilazione, si comprende l’esigenza di poter ripensare alla scelta fatta.
La disciplina di legge non offre appigli sicuri. Da un lato, l’articolo 6, comma 2 del decreto legge 193/16, prevede che il debitore «manifesta la volontà» di avvalersi della rottamazione con la presentazione dell’istanza. Il successivo comma 4, inoltre, dispone che in caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica ovvero di una qualsiasi delle rate dovute si determina la caducazione della procedura agevolata. Di conseguenza, l’agente della riscossione riprende le procedure di recupero e il pagamento del residuo non può più essere rateizzato. A maggior precisazione, il comma 6 stabilisce che alla dilazione da rottamazione non si applica l’intero articolo 19 del Dpr 602/73. Da questo, potrebbe desumersi che il debitore si considera irrimediabilmente coinvolto nella procedura con la mera presentazione della domanda, tant’è che se non paga la prima rata non solo la rottamazione decade, ma non si può più rateizzare il carico ancora dovuto. Si tratta, con evidenza, di una conseguenza eccessivamente penalizzante, soprattutto per chi ha in corso dilazioni molto ampie, articolate in rate finanziariamente sostenibili.
Resta spazio, tuttavia, anche per un’altra interpretazione. Secondo quanto disposto nel comma 8, lett. c) del medesimo articolo 6, il pagamento della prima o unica rata «determina la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere». Dunque, perché si perda il beneficio del termine già accordato al contribuente non è sufficiente la presentazione della domanda di rottamazione, ma occorre il versamento della prima o unica rata. Ne dovrebbe conseguire che se non si versa la prima rata, la dilazione precedente mantiene validità e quindi l’interessato può riprendere a pagare le rate già concordate. Se nelle more della procedura di rottamazione si fosse incorsi nell’omesso versamento di cinque rate complessive e quindi la rateazione originaria fosse decaduta, si potrebbe comunque ripristinarla pagando l’importo scaduto, sulla base dell’articolo 19 del Dpr 602/73.
La situazione risulta più complicata per chi ha in corso una dilazione riveniente da una riammissione nei termini (per esempio in base all’articolo 13 bis del Dl 113/16). In questo caso, infatti, se si incorre nell’omesso pagamento di due rate si decade dalla rateazione e il debito residuo non può più essere dilazionato.
Tutto questo porta ad auspicare almeno due interventi correttivi della rottamazione, in sede di conversione in legge del Dl 193. Il primo riguarda l’ampliamento della durata del piano dei pagamenti. Per chi ha debiti di importo elevato, rispettare la data finale del marzo 2018 potrebbe risultare proibitivo. Si potrebbe, per esempio, scaglionare il numero di rate in funzione dell’entità dell’importo. Il secondo, che però, considerati i tempi stretti della domanda, dovrebbe trovare un’anticipazione in via interpretativa, consiste nella precisazione secondo cui la procedura si perfeziona solo con il versamento della prima rata. Senza questo pagamento, il debitore conserva il diritto a tenere in vita la dilazione originaria. Luigi Lovecchio

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