FISCO: Studi di settore, tremano i professionisti (La Repubblica – Affari e Finanza)

LA REPUBBLICA – Affari e Finanza

Studi di settore, tremano i professionisti
IN QUESTI GIORNI SONO IN PARTENZA 160.693 INVITI A “METTERSI IN REGOLA”, LADDOVE SONO STATE RISCONTRATE ANOMALIE TRA I REDDITI DICHIARATI E I PARAMETRI STABILITI DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE E RELATIVI AL TRIENNIO 2012-2014

Milano. I tempi non sono ancora maturi per mandare definitivamente in archivio gli studi di settore, che consentono di stimare il reddito del singolo professionista in base alla media dei colleghi della medesima provincia, ma intanto prende il via una nuova stagione di dialogo tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti. In questi giorni sono in partenza 160.693 inviti a mettersi in regola, laddove sono state riscontrate anomalie tra i redditi dichiarati e gli studi di settore relativi al triennio 2012-2014. Al posto delle tradizionali lettere nella buca della posta, l’Amministrazione finanziaria ha scelto di puntare su alert via e-mail e sms, che risultano meno “invasivi”. Cosa fare se si riceve una comunicazione di questo tipo? “Esistono tre possibilità”, spiega Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili. “Se il contribuente, anche con il supporto di un professionista, rileva di aver commesso l’errore, ha la possibilità di rimediare con il ravvedimento operoso, che prevede sanzioni ridotte. Altrimenti può avviare un dialogo con l’Agenzia delle Entrate, con la richiesta di chiarimenti. L’ultima possibilità è di non rispondere, un atteggiamento che può dare il via al contenzioso”.
A quest’ultimo proposito, il problema principale è legato all’inversione dell’onere della prova. In sostanza, spetta al contribuente dimostrare le ragioni dello scostamento tra il reddito che ha dichiarato e le gabbie relative ai guadagni medi dei suoi colleghi residenti nella medesima provincia. “Spesso si tratta di una probatio diabolica, praticamente impossibile da dimostrare”, commenta Sergio Giorgini, segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro. “Se gli affari nel corso dell’anno sono andati male, quali prove portare?”. Per minimizzare i rischi di aggiungere al danno la beffa, per Giorgini è consigliabile tenere traccia di tutte le spese sostenute, “in modo da essere pronti a produrle in caso di richiesta da parte dell’amministrazione finanziaria” e di ricorrere a pagamenti tracciabili, “che garantiscano la maggiore trasparenza possibile”.
Un punto sul quale tanto i commercialisti, quanto i consulenti del lavoro insistono è l’inadeguatezza degli studi di settore per i professionisti. “Non solo la forte oscillazione del business dovuta alla debolezza dell’economia, ma anche il criterio di calcolo dei redditi per cassa (e non per competenza come nel caso delle società, ndr) rendono poco attendibile questo criterio di calcolo”, lamenta Longobardi. Aperture in questa direzione sono arrivate sia dall’Agenzia delle Entrate, che dal Governo. Nei mesi scorsi si era ipotizzato il superamento di questo strumento già a partire da quest’anno, con una norma ad hoc all’interno della Legge di Stabilità, ma alla fine si è deciso di rimandare la discussione, che potrebbe entrare nel vivo nelle prossime settimane. Con la prospettiva di passare a un nuovo sistema di calcolo presuntivo dei redditi a partire dal 2017. Luigi Dell’Olio

Foto del profilo di Andrea Gentile

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