ITALIA OGGI
I riflessi sul contenzioso tributario della rottamazione delle cartelle di Equitalia
Una rinuncia al giudizio unica
L’impegno è valido solo per l’agente della riscossione
Sab. 3 – L’impegno alla rinuncia al giudizio pendente del debitore, resta valido esclusivamente nei confronti dell’agente della riscossione. L’estinzione del giudizio non può che concretizzarsi a seguito del perfezionamento della sanatoria, ovvero al pagamento dell’intero importo dovuto, con problematiche in caso di mancata esecuzione dei versamenti da parte del debitore. Queste alcune criticità che stanno emergendo, nell’ambito dei primi convegni tenutesi sul tema della rottamazione delle cartelle, di cui all’art. 6, dl 193/2016, convertito in legge 225/16, pubblicato sulla G.U. di ieri, soprattutto in presenza di un contenzioso in corso. La prima problematica, già affrontata (si veda ItaliaOggi, 22/11/2016), concerne il perfezionamento della rottamazione, con la conseguenza che il tardivo, insufficiente o mancato pagamento dell’intera somma, fa saltare la sanatoria stessa, senza possibilità di utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13, dlgs 472/1997 e senza poter invocare la disciplina sul «lieve inadempimento», di cui all’art. 15-ter, dpr 602/1973, stante la specificità delle disposizioni in commento. In secondo luogo, posto che la presenza di un contenzioso in corso non osta alla sanatoria, alla stessa stregua di un giudicato di un rigetto di un ricorso presentato dal contribuente, con vari risvolti in relazione al grado di contenzioso in essere, un’ulteriore criticità riguarda sicuramente la valenza dell’impegno (obbligatorio) del contribuente (posto all’interno della dichiarazione-istanza) a rinunciare ai giudizi pendenti che hanno per oggetto i carichi che il debitore vuole sgravare, ai sensi del comma 2, dell’art. 6, dl 193/2016. Preliminarmente, si evidenzia che, in linea di principio, un conto è un impegno a rinunciare e un altro conto è la rinuncia vera e propria, sia per gli effetti che per i tempi, che possono essere diversi e, in aggiunta, stante il fatto che il debitore deve indicare (o meglio dichiarare), nel modello predisposto dall’agente della riscossione per l’adesione, di rinunciare alla lite, riesce difficile che tale impegno abbia valenza, in estensione, anche nei confronti dell’ente impositore, che non è neppure il destinatario della medesima domanda. Con la notifica del ricorso e la successiva costituzione in giudizio si instaura il rapporto processuale e, in tal caso, il debitore può sicuramente impegnarsi a rinunciare alla lite, ma gli effetti, innanzitutto, sembrano limitati ai rapporti con l’agente della riscossione; quindi, il contribuente potrebbe rinunciare, in un contenzioso che vede come convenuti l’ente impositore e l’agente della riscossione, soltanto parzialmente, con specifico riferimento (ed effetti) al rapporto con quest’ultimo, in quanto nessun impegno è stato preso con l’ente impositore. La situazione diventa ancora più critica quanto il debitore non è il ricorrente o l’appellante ma l’appellato ovvero quando lo stesso, in un contenzioso risultato a favore del contribuente in primo grado, viene chiamato in causa dall’ente impositore e/o dall’agente della riscossione e quindi il debitore non è il soggetto che prosegue la lite, non potendo, suo malgrado e pur volendo aderire alla sanatoria, rinunciare ai giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione. Rilevate le dette criticità e ricordando che anche il diniego dell’agente della riscossione all’adesione può legittimamente essere impugnato dal debitore, si evidenzia che il mancato perfezionamento della definizione agevolata ha sicuramente effetti sul contenzioso, giacché se l’udienza, a cura del giudice adito, è stata rinviata con nuova iscrizione a ruolo, in attesa del pagamento dell’ultima (o unica) rata, il processo può certamente proseguire, ma se il giudice non procede con un rinvio dell’udienza, dichiarando subito l’estinzione del giudizio (ma bisognerebbe comprenderne i motivi), il contribuente inadempiente non potrebbe che appellare la sentenza, giacché in primo grado la lite è stata dichiarata definita. Un’ulteriore criticità riguarda, infine, l’inquadramento dell’estinzione del giudizio a seguito del perfezionamento della sanatoria; sul punto la dottrina sta dibattendo se si tratti di rinuncia al ricorso, di cui all’art. 44, dlgs 546/1992, con possibile addebito delle spese di lite in capo al debitore, o se si tratti di cessata materia del contendere, di cui al successivo art. 46, dlgs 546/1992, con l’ulteriore problematica, se si opta per questa seconda soluzione, che peraltro dispone la compensazione delle spese, che il processo non può che cessare esclusivamente al momento in cui la definizione risulta perfezionata ovvero al momento del pagamento dell’ultimo centesimo, dell’eventuale ultima rata (settembre 2018). Fabrizio G. Poggiani