ITALIA OGGI
Spese sostenute per finalità personali non sono presunzione di occultamento
Voluntary disclosure, linea morbida sui prelievi
Linea morbida sui prelievi evidenziati nella voluntary disclosure e valutazione specifica delle istanze con maggiori complessità in termini di strutture estere fittizie o di fenomeni nei quali sono intervenuti soci e società.
Sono questi due degli aspetti messi in luce dalla nota dell’agenzia delle entrate del 9 marzo scorso nella quale la direzione centrale dell’amministrazione finanziaria fornisce indicazioni agli uffici periferici sul trattamento delle istanze di collaborazione volontaria di cui alla legge n. 186 del 2014.
Una osservazione di carattere generale, alla luce del contenuto della nota è quella legata all’approccio utilizzato dall’Agenzia delle entrate rispetto al comportamento seguito dai contribuenti e dai professionisti nella redazione delle istanze. L’aspetto che traspare, infatti, è quello in base al quale si attribuisce piena fiducia e rilevanza di quanto evidenziato, in particolare, nella relazione di accompagnamento.
In particolare, la sensazione è quella che una relazione di accompagnamento nella quale sono stati evidenziati gli importi ritenuti dovuti, possa costituire una base di riferimento importante anche per la liquidazione ritenute dovute da parte dell’ufficio che, tranne ipotesi particolari, potrà in qualche modo «affidarsi» alla ricostruzione effettuata. A condizione, naturalmente, che questa sia sostanzialmente corretta da un punto di vista giuridico oltre che supportata da idonea documentazione allegata.
La fattispecie dei prelievi. Su questo aspetto, nel corso del 2015, l’Agenzia delle entrate attraverso le proprie circolari sulla voluntary disclosure ha più volte osservato come gli stessi rappresentino una sorta di fenomeno da monitorare. Questo, evidentemente, in ragione del fatto che eventuali dismissioni (prelievi in contanti in particolare) possano concretizzare attività che sono rimaste all’estero in luogo dell’attivazione della sanatoria da intendersi come legame tra attività esistenti e consumate al momento di presentazione dell’istanza. La nota interna torna su un punto tecnico rilevante ma che, concettualmente e giuridicamente non era in discussione: si ricorda, infatti, che anche con riferimento alle persone fisiche non esercenti attività di impresa, il prelievo non costituisce in alcun modo presunzione di reddito. Peraltro, la predetta presunzione non dovrebbe trovare comunque accoglimento nell’ambito della procedura di liquidazione delle istanze di voluntary disclosure. Questo anche in ragione di quello che la nota stessa afferma. Viene infatti osservato come la contestazione della mancata indicazione di attività ulteriori rispetto a quelle oggetto della sanatoria, deve essere oggetto di prova anche presuntiva a condizione che le presunzioni in questione siano gravi e concordanti e non automaticamente dedotta dalla mancata indicazione della destinazione del contante prelevato.
In altri termini, ed esemplificando il concetto, l’indicazione in relazione di somme spese per finalità personali, non potrà essere assunta in modo automatico come occultamento delle somme prelevate sempre all’estero. In tale ipotesi, la considerazione di circostanze anche parzialmente documentate o documentabili evita di fatto la possibilità che si possa contestare l’ipotesi del mantenimento dell’attività all’estero in violazione delle disposizioni sul monitoraggio fiscale.
Le istanze complesse. L’indicazione, neppure tanto velata, è quella di gestire in tempi più rapidi possibile la liquidazione delle istanze di voluntary disclosure in modo tale, evidentemente, da rispettare la scadenza prevista dalla legge che è il 31 dicembre prossimo. Ciò posto, una sottolineatura viene riservata a quelle situazioni che, oggettivamente, possono apparire più complesse quali quelle per esempio che coinvolgono società e soci e dove, evidentemente, può essere presente anche la voluntary disclosure nazionale. In questo contesto, però, dovrebbe valere in ogni caso il principio generale illustrato nella nota e collegato alla ragionevolezza delle spiegazioni fornite nell’istanza e, soprattutto, nella relazione di accompagnamento. Caso inverso, per alcuni aspetti, è quello dei collegati con riferimento ai quali solitamente non vi sono imposte da richiedere in quanto la violazione è unicamente quella legata alla mancata compilazione del quadro RW per i periodi di imposta di riferimento. Eccezione a questo principio potrebbe essere quella del reddito connesso, cioè quella somma che è servita per alimentare attività estere non riferibili in termini di titolarità al soggetto collegato. In generale, però, viene osservato come la mancata compilazione della sezione V dell’istanza segnala patrimoni essenzialmente statici e che non si sono dunque incrementati nel tempo. Infatti, un ulteriore elemento di rilevanza nei controlli è rappresentato dalla alimentazione nel corso degli anni del patrimonio estero mediante apporti i quali, in linea di principio, potrebbero corrispondere a redditi non tassati. Duilio Liburdi