IL SOLE 24 ORE
Rientro dei capitali. Le istruzioni delle Entrate enfatizzano la necessità di coordinamento, ma nella pratica non ci sono comportamenti univoci sui problemi
Voluntary, negli uffici soluzioni fai-da-te
Dalle direzioni regionali dell’Agenzia indirizzi difformi su dividendi, sanzioni e donazioni
Sab. 12 – La nota interna della direzione centrale Accertamento dell’agenzia delle Entrate di due giorni fa enfatizza la necessità di coordinamento tra le varie direzioni provinciali, anche con riferimento all’uniformità logico-giuridica delle motivazioni degli atti emessi nell’ambito della procedura, qualora ci siano posizioni di competenza di più uffici (come nel caso di cambio di domicilio o di soggetti collegati domiciliati in luoghi sotto la competenza di uffici diversi). L’intento è lodevole, ma nella pratica si riscontra che, su alcune problematiche interpretative, con importanti riflessi concreti, manca la necessaria uniformità di comportamento a causa dei diversi indirizzi impartiti dalle singole direzioni regionali su diversi temi, quali la tassazione dei dividendi, le sanzioni e le donazioni indirette.
Un esempio può riguardare infatti la voluntary nazionale di società a ristretta base sociale. Quando le disponibilità finanziarie detenute all’estero dai soci derivino dal “nero” della società, si è presentata l’istanza di accesso sia per la società (voluntary nazionale ai fini Ires, Irap, Iva, eccetera) sia per i soci (voluntary internazionale) nel presupposto che le attività all’estero siano costituite da “dividendi” della società. Per evitare che si verifichi un fenomeno di doppia imposizione economica occorre che l’utile tassato in capo ai soci sia calcolato deducendo dall’ammontare dei versamenti non giustificati rilevati sui conti esteri dei soci stessi la maggiore imposta per Ires e Irap liquidata in capo alla società.
Così determinato l’utile netto della società, si calcola il dividendo che si presume sia stato distribuito al socio. Se il socio è qualificato la società non doveva operare ritenute alla fonte sui dividendi e il socio doveva tassare l’utile percepito al 40% o 49,72% (a seconda dell’anno di formazione). Se il socio non era qualificato, la società doveva operare la ritenuta d’imposta del 12,5%, 20% o 26% a seconda degli anni e il socio non doveva indicare il reddito in dichiarazione. Questo è il comportamento normalmente utilizzato dai professionisti nelle domande di collaborazione volontaria, in quanto la procedura di liquidazione della «vd» consiste in un’attività di accertamento e deve prevedere le medesime conseguenze in termini di imposte, sanzioni e interessi dell’ordinaria attività di controllo. In un’ordinaria attività di controllo non sarebbe ammessa una doppia imposizione economica degli utili societari; si tratterebbe di una “sanzione impropria”, a volte tollerata (si veda l’articolo 165, comma 8 del testo unico), ma solo se espressamente prevista dalla legge (si veda la tabella qui a fianco). Ovviamente il socio dovrà fornire alla società la provvista per il pagamento dell’Ires e dell’Irap da questa dovute, perché le imposte evase dalla società non sono rimaste nel suo patrimonio ma sono direttamente andate a beneficio dei soci.
Questo approccio è confermato in una risposta resa dalla Direzione regionale della Lombardia nell’ambito del convegno annuale Codis–agenzia delle Entrate del 28 maggio 2015 nel contesto dell’Osservatorio regionale sulla voluntary disclosure (peraltro, nella risposta viene citata solo l’Ires e non anche l’Irap). Tuttavia, altre Direzioni regionali hanno dato diverse direttive secondo cui il dividendo da tassare in capo ai soci sarebbe al lordo delle imposte pagate dalla società.
Nella nota si invitano le direzione provinciali a trattare unitariamente tutte le posizioni collegate anche con riferimento a questo specifico caso (compilazione della sezione I, colonna 2) ma, come si è detto, sarebbe necessario che gli indirizzi, su temi così delicati, fossero uniformi a livello nazionale. Michela Folli Marco Piazza