FISCO: Voluntary, patrimonio di dati (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

La circolare 16 delle Entrate: chiudere l’analisi delle istanze entro settembre
Voluntary, patrimonio di dati
In costruzione il database dei controlli internazionali

La voluntary disclosure come patrimonio di informazioni per i controlli futuri in materia di fiscalità internazionale: questa la fase due della sanatoria che deve chiudersi, in relazione alla liquidazione delle istanze, entro la fine del 2016. Con un termine per gli uffici che, tendenzialmente, sarà quello di fine settembre. Sono queste le indicazioni che emergono dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 16 del 28 aprile dedicata alla illustrazione degli indirizzi operativi per l’attività di controllo dell’anno 2016. Come osservazione di carattere generale, va detto che lodevolmente il documento di prassi focalizza l’attenzione su quelle attività di controllo che, in linea di principio, appaiono finalizzate a recuperi più consistenti in luogo di contestazioni che, invece, si basano su violazioni di carattere formale. Se dunque il principio è corretto, si tratterà di comprendere come lo stesso sarà attuato considerando anche come da un punto di vista normativo un passo verso questa direzione è stato effettuato con la riforma del sistema sanzionatorio contenuta nel decreto legislativo n. 158 del 2015.
Uno dei punti centrali della circolare è quello dedicato alla voluntary disclosure. Non è certo questo il documento di prassi che doveva illustrare i tecnicismi della sanatoria che sono oggetto di valutazione, in questo periodo, da parte degli uffici. La notazione sull’attività corrente contenuta nella circolare riguarda esclusivamente i termini entro i quali l’attività di liquidazione delle istanze di disclosure dovrà essere completata. Il documento di prassi rammenta il termine normativamente previsto quale quello del 31 dicembre 2016 e, nel contempo, indica un termine di riferimento per gli uffici dell’amministrazione finanziaria individuato nel mese di settembre di quest’anno.
La parte più rilevante sul tema della disclosure è però quella dedicata all’utilizzo dei dati che sono emersi dalle istanze presentate e che saranno, di fatto, una base informativa di partenza per l’analisi dei fenomeni di evasione fiscale internazionale. Questo, almeno, come linea di principio in relazione al fatto che è ovviamente ipotizzabile la circostanza riferita ai soggetti che hanno effettuato la sanatoria come soggetti che hanno, appunto, posto rimedio a potenziali evasioni a destinazione «estera». Si tratta, dunque, di informazioni sulle tipologie dei fenomeni emersi che possono costituire un riferimento per la scoperta di fenomeni similari. Questo anche avvalendosi di ulteriori strumenti quali lo scambio di informazioni strumento che, a regime, di fatto riguarderà un sempre crescente numero di giurisdizioni estere comprese quelle che sino a poco tempo fa apparivano inaccessibili. La parte della circolare in cui si parla delle modalità di trattamento dei dati acquisiti attraverso la procedura di voluntary disclosure è connotata da più ampi riferimenti alla situazione delle persone fisiche in quanto, evidentemente, è questa categoria di soggetti la più numerosa in relazione alla sanatoria da poco conclusasi. Incidentalmente, infatti, si fa anche riferimento alla ricostruzione della posizione reddituale complessiva del contribuente in relazione alla capacità di spesa ed alla movimentazione degli investimenti e dei disinvestimenti richiamando cioè concetti che sono quelli propri dell’analisi fiscale che si fonda sul redditometro. Naturalmente, la voluntary disclosure potrà avere un effetto «indotto» sia in termini di indicazioni tratte dal modello Unico che in relazione proprio alla capacità di spesa di alcuni soggetti. Appare infatti evidente come, una volta intervenuta la sanatoria, l’emersione della posizione estera dovrebbe avere trovato rappresentazione nella conseguente compilazione del quadro RW già a partire dalla dichiarazione presentata nel 2015 mentre, in relazione al secondo aspetto, non è improbabile che le risorse rientrate in Italia possano essere messe in circolo proprio attraverso investimenti o spese elementi «sensibili» ai fini della potenziale ricostruzione basata sul redditometro. Duilio Liburdi

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