ITALIA OGGI
Lo schema di legge delega della commissione Vietti. La parola passa al Guardasigilli
Corti d’appello, ok al riordino
Obiettivo: distretti con almeno un milione di abitanti
Via libera dalla commissione Vietti alla nuova geografia giudiziaria delle corti d’appello. Il gruppo di lavoro istituito presso il ministero della giustizia ha, infatti, licenziato ieri una relazione e una proposta di schema di legge delega sulla quale dovrà esprimersi il Guardasigilli. L’obiettivo è arrivare a distretti con almeno un milione di abitanti accorpando micro-distretti che, come nel caso di Caltanissetta e Campobasso, non raggiungono i 500 mila abitanti. Solo nove distretti su 26, attualmente, amministrano più di un milione di abitanti. Tra gli indicatori previsti per valutare l’opportunità o meno di accorpamento di Corti d’appello e relative procure generali verranno valutate, come richiesto dal Consiglio nazionale forense, anche la specificità territoriale dei bacini di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e l’impatto della criminalità organizzata. Per il resto, lo schema di legge delega il governo ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore, uno o più dlgs per riorganizzare la distribuzione sul territorio dei distretti di Corte di appello e delle procure generali con l’osservanza di una serie di principi e criteri correttivi. «La commissione», si legge nella relazione introduttiva, «ha constatato infatti che i dati che destano maggiore preoccupazione sono quelli relativi ai procedimenti pendenti». Se è vero, da un lato, che si registra un calo delle pendenze a livello nazionale, con 11 Corti ove si registra un calo delle pendenze pari o superiore al 20% nell’ultimo quinquennio, è altrettanto vero che il dato assoluto delle sopravvenienze e quello delle residue pendenze assumono attualmente dimensioni troppo elevate: se fosse possibile non incamerare alcun nuovo procedimento, stima infatti la commissione, con gli attuali livelli di rendimento servirebbero circa due anni e otto mesi per smaltire tutto l’arretrato in grado di appello. Lo schema di decreto prevede anche l’istituzione di un ruolo speciale di magistrati giudicanti e requirenti, destinati a svolgere per un periodo non prorogabile non superiore a cinque anni, funzioni giudiziarie in uno o più sedi nelle quali si accerti l’urgenza della destinazione di tali magistrati. Completa la bozza di delega la previsione di una possibile razionalizzazione dimensionale degli uffici minorili, al fine di superare i problemi connessi agli organici che creano difficoltà di funzionamento.
Le reazioni. Il Consiglio nazionale forense ha messo a punto uno studio, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Istat, che si pone in contrasto con un approccio meramente riduttivo del numero degli uffici giudiziari e segnala la insufficienza dei criteri di analisi presi in considerazione per misurare la domanda di giustizia dei diversi territorio. Il lavoro, in sostanza, analizza e verifica i numerosi indicatori, ulteriori rispetto quelli utilizzati dalla commissione ministeriale, che sono stati incrociati tra loro. Sono stati anche calcolati i tempi di percorrenza per raggiungere le nuove ipotizzate Corti d’appello, con circa 800 comuni, a seconda degli scenari di riforma ipotizzati, dove il tempo per raggiungere la sede più vicina risulta tra le due e le tre ore. «È necessario», afferma il presidente, Andrea Mascherin, «che ogni analisi di impatto coinvolga in maniera importante e decisiva gli Ordini locali».
A parere di Mirella Casiello, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura, «come nel precedente provvedimento di revisione della geografia giudiziaria assistiamo non a una riorganizzazione delle sedi sulla base della loro efficacia, ma a una nuova tornata di uffici da chiudere, questa volta è il turno delle Corti d’appello e dei Tribunali per i minori. La Commissione presieduta da Vietti ha anche ricevuto le nostre osservazioni, frutto del lavoro della Commissione Oua che ha prodotto un corposo documento, ma al momento molte di queste sono rimaste inascoltate. Ora viene il momento di confrontarci con il governo e il parlamento». Gabriele Ventura