GEOGRAFIA GIUDIZIARIA: Toghe. Riforme in arrivo: come distinguere i cambiamenti reali e gli apparenti (Avvenire)

AVVENIRE

Toghe. Riforme in arrivo: come distinguere i cambiamenti reali e gli apparenti

Le due commissioni ministeriali incaricate di elaborare proposte di riforma rispettivamente delle norme su ordinamento giudiziario e geografia giudiziaria e sull’organizzazione e il funzionamento del Csm sono prossime a presentare al ministro della Giustizia le relazioni finali dei loro lavori.
La valutazione del loro contenuto è ancora prematura, sia perché si tratta di testi in fase di perfezionamento e che sono stati ufficialmente anticipati soltanto nelle grandi linee, sia perché una loro compiuta e utile valutazione richiede la conoscenza di quanto verrà trasfuso in specifici articolati normativi: qui conteranno i dettagli, non soltanto per il motivo che in essi sovente si nasconde (se non il diavolo!) l’intenzione profonda dei promotori, ma soprattutto in quanto abbiamo a che fare con temi largamente affrontati nella discussione pubblica, la cui reale portata innovativa va pertanto rinvenuta e soppesata proprio nella considerazione dei profili puntuali e particolari. Pur con questa necessaria premessa, può essere utile condividere alcuni criteri di valutazione dei cambiamenti che saranno proposti.
In primo luogo, va letta e ricostruita con attenzione la situazione di partenza su cui intervenire e le cause delle disfunzioni riscontrate, chiedendosi se e quali di esse abbiano realmente origine nelle disposizioni normative che si vogliono cambiare, per non correre il rischio di modificare regole “innocenti”. Sembra una cautela ovvia, ma, storicamente, è proprio qui che inciampano tanti aspiranti riformatori.
In secondo luogo, in presenza di proposte con forte impatto sulla situazione esistente (come normalmente sono quelle che incidono sulla distribuzione di procure e tribunali), bisogna distinguere, a fronte di prevedibili critiche e ostilità, tra quelle determinate da preoccupazioni “corporative” e quelle davvero motivate da possibili conseguenze negative sul servizio giustizia.
Per scongiurare le tentazioni di cambiamenti apparenti, se non dannosi, un buon criterio di fondo potrebbe consistere nel valutarli alla luce dei princìpi costituzionali di fondo, due in particolare: quello per cui il giudice è soggetto soltanto alla legge e quello per cui i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni. Sono princìpi che appaiono, sempre più, espressione di una saggezza senza tempo, e per ciò stesso rara e cara. Renato Balduzzi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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