IL SOLE 24 ORE
In arrivo. La degiurisdizionalizzazione
Mediazione, arbitrato, e negoziazione verso l’ampliamento
Il cantiere per la riforma dei sistemi di Adr (Alternative dispute resolution) attende una proroga a breve: la commissione di studio sulla materia era stata istituita nel marzo scorso dal ministro Andrea Orlando con un mandato che scade il 30 settembre, ma il suo presidente, Guido Alpa, alla fine di luglio ha chiesto un rinvio per poter meglio approfondire alcune questioni. C’è quindi attesa per le decisioni che assumerà il ministro, al quale il gruppo di esperti ha consegnato una prima bozza della sua proposta di riforma.
Sul documento c’è stato sinora molto riserbo. Si sa che riguarda una rivisitazione degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie con l’obiettivo, indicato da Orlando, di «armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi».
Così si lavora a una «ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato». Comunque non sono ancora trapelati i punti la cui definizione si presenta ancora complessa, inducendo gli esperti a chiedere la proroga.
I lavori della commissione devono tener conto anche della profonda riforma del Codice di procedura civile, avviata in parallelo con un disegno di legge che ha ottenuto un primo voto favorevole dalla Camera.
L’operazione complessiva dovrà costruire un sistema che non punti solo a una maggiore efficienza del processo civile (obiettivo imprescindibile per rendere effettiva la tutela dei diritti), ma che valorizzi – e non solo in chiave deflattiva – i sistemi di composizione delle liti civili mediante i procedimenti di Adr.
Tali sistemi non sono una semplice necessità di diversificazione per supplire a un apparato giudiziario che non riesce a fronteggiare la crescente domanda di giustizia, ma un’esigenza culturale da percorrere per la sostenibilità del più complesso sistema giustizia. Risolvere i cronici ritardi dei processi civili non può significare ragionare solo in termini di risorse, ma ridefinire i limiti della giurisdizione statale. Un esempio del gap culturale è il contenzioso in materia di Rc auto, rispetto al quale era stata prevista in via preventiva obbligatoria dapprima la mediazione (poi abrogata dalla nota sentenza della Corte costituzionale del 2012) e poi, dal 2014, la negoziazione assistita dagli avvocati.
Il difficile percorso culturale avviato verso nuove modalità di risoluzione delle controversie civili postula una diversa chiave di accesso al circuito conflitto/rimedio. La sempre più avvertita inadeguatezza strutturale e funzionale del sistema giudiziale in una prospettiva monopolistica è il primo passo verso una consapevolezza dell’esigenza di affrontare i temi della giustizia, abbandonando la prospettiva del rimedio, rendendo la giurisdizione statale minima e l’intero sistema della giustizia civile sostenibile, per ciò stesso efficace e in grado di offrire tutela a chi la richiede e non solo di professarla. Marco Marinaro