IL SOLE 24 ORE
Contenzioso. Le proposte degli addetti ai lavori per le modifiche all’ordinamento
Pressing per la riforma della giustizia tributaria
Gli scandali di corruzione saliti agli onori delle cronache nelle ultime settimane accelerano i progetti da mettere in campo per la riforma della giustizia tributaria. Un cantiere aperto dal viceministro all’Economia, Luigi Casero, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, quando ha anticipato una commissione di altissimo profilo per elaborare una proposta in tempi brevi per la riforma (si veda Il Sole 24 Ore del 20 febbraio). E tra gli addetti ai lavori si fa sempre più sentita l’esigenza di arrivare a un ripensamento della macchina che tra primo e secondo grado nel solo 2015 ha visto oltre 300mila cause decise (con un calo del 3,6 sul 2013), a fronte di oltre 261mila ricorsi e appelli arrivati e di una pendenza di 538mila fascicoli.
Mario Cavallaro, al vertice del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt), ha le idee chiare: «Un sano riformismo è avviare una procedura verso un giudice professionalizzato. Per risolvere il nodo della Cassazione si può affidare alle Corti di secondo grado anche la competenza in sede di legittimità come avviene già presso il Consiglio di Stato. Mentre in quelle di primo grado si può lavorare per mantenere una presenza dei non togati ma sempre con un percorso di professionalizzazione e quindi non eserciti più la propria attività autonoma in via temporanea: necessario che vengano retribuiti adeguatamente. A questo si potrebbe aggiungere una fase precontenziosa di mediazione con gli attuali laici, senza lasciarla più agli enti impositori». Anche sul fronte sindacale si lavora a un progetto ma con un punto fermo: «Il passaggio delle competenze alla giustizia ordinaria – sottolinea il presidente dell’Amt, Ennio Attilio Sepe – non è attuabile perché i tribunali sono già troppo carichi di lavoro e perché sono necessarie competenze tecniche che nei tribunali ordinari mancano».
Anche Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio dei dottori commercialisti (Cndcec), si dice «totalmente contrario ad alcune ipotesi riformatrici che ricondurrebbero l’attuale giustizia tributaria in seno alla giustizia civile». Inoltre a suo avviso «la riforma deve mantenere inalterate le posizioni soggettive dei difensori, con il necessario contributo dei commercialisti come patrocinanti: una posizione su cui già il viceministro all’Economia, Luigi Casero, ha convenuto pienamente».
E non mancheranno le proposte dei consulenti del lavoro, come spiega la presidente Marina Calderone: «Maggiore e più precisa applicazione della condanna alle spese anche con la soccombenza dell’amministrazione finanziaria, incremento degli istituti deflattivi come mediazione e conciliazione. Ma anche revisione di aspetti procedurali come nel caso delle sentenze revocabili e dell’esecutività delle pronunce di primo grado. Francesca Milano Giovanni Parente