IL SOLE 24 ORE
Sisma, banche, occupazione, Sud: l’agenda Gentiloni
Attenzione al Mezzogiorno «senza logiche del passato», sostegno a ceto medio e partite Iva – Anche Casa Italia nel programma
Le emergenze obbligate, a partire da quelle su terremoto e banche, ma anche un accento più forte su «lavoro, lavoro, lavoro» e in particolare sul Mezzogiorno. L’agenda economica dettata ieri alla Camera, nel suo discorso per la richiesta della fiducia, dal neo-premier Paolo Gentiloni viaggia ovviamente su una linea di continuità con quella del governo Renzi, ma non rinuncia a qualche cambio di tono su temi sui quali «finora non abbiamo dato risposte sufficienti».
È l’impronta “sociale” a caratterizzare questa parte dell’intervento di Gentiloni, che reclama un’attenzione maggiore alle parti più deboli del Paese sia nella geografia economica sia in quella territoriale. Il Sud, su cui la «decisione di formare un ministero non deve far pensare a vecchie logiche del passato», e «la parte più disagiata della nostra classe media», sia dipendenti sia partite Iva, che deve rientrare «al centro degli sforzi per rilanciare l’economia». I primi strumenti sono in ogni caso quelli messi a disposizione dall’ultima legge di Bilancio, dal piano Industria 4.0 al rilancio degli investimenti pubblici sulle «grandi infrastrutture», che si devono però accompagnare «con un nuovo slancio alla green economy, frontiera su cui davvero possono farsi valere le eccellenze del mondo dell’impresa italiano». Un tema, quest’ultimo, su cui sarebbero molti gli elementi da riprendere in mano dopo una certa disattenzione del recente passato, a partire per esempio dalle forme di fiscalità agevolata per gli investimenti “verdi” previsti anche dalla delega fiscale ma rimasti inattuati.
Sul piano operativo, i primi impegni del nuovo governo secondo Gentiloni guarderanno all’attuazione degli anticipi pensionistici disciplinati dalla legge di bilancio e al completamento della riforma del lavoro. «Sul piano dei diritti – rivendica Gentiloni – molto è stato fatto, ma altri passi avanti possono essere realizzati». L’obiettivo è economico ma anche politico, perché la paura della classe media in difficoltà alimenta spinte protezioniste e antieuropee, come mostra la situazione non solo italiana: ma «noi non vogliamo rinunciare alla società aperta, ai vantaggi del commercio internazionale e all’evoluzione digitale», per cui occorre pensare a nuove forme di difesa per «i ceti disagiati che da queste dinamiche si sentono penalizzati o addirittura sconfitti».
È il terremoto, in ogni caso, a occupare le prime caselle del calendario, che oggi vedrà tornare in Aula alla Camera il «decretone» che assorbe i due provvedimenti di ottobre e novembre a favore delle zone colpite dal sisma. Incassato in settimana il via libera definitivo del Parlamento alla legge di conversione, per la quale il tempo scade sabato, il Governo dovrà essere impegnato a «sviluppare quel programma a lungo termine che abbiamo definito “Casa Italia” e che cerca di lavorare sulle cause profonde dei danni che vengono provocati» dai terremoti. La questione, nei primi mesi del 2017, è destinata a tornare sui tavoli di Bruxelles sulla questione delle spese che l’Italia chiede di escludere dal saldo strutturale proprio per far fronte a una prevenzione ad ampio raggio del rischio sismico: ieri la commissione è tornata a ribadire di non aver chiesto per ora alcuna misura aggiuntiva all’Italia, ma l’esame finale è in programma a marzo. Nel capitolo riforme il discorso programmatico di ieri cita il completamento della delega Madia, che ha bisogno urgente di correttivi dopo la sentenza costituzionale che l’ha fatta inciampare, ma non offre spazio al capitolo fisco: in ogni caso anche qui le sfide non mancano, a partire dall’addio a Equitalia da completare entro il 1° luglio e dall’adeguamento delle agenzie fiscali italiane agli indirizzi dettati da Ocse e Fmi. Marco Mobili Gianni Trovati
PROCESSO PENALE
Sbloccare la riforma, ma pesano le divisioni
Cosa ha detto
«Ridare slancio a tre grandi azioni di riforma che sono in corso e che necessitano di un impulso ulteriore: la riforma della pubblica amministrazione, la riforma del processo penale, il Libro bianco della difesa». Con queste parole Gentiloni ha di fatto sbloccato quella che viene definita la riforma della Giustizia, senza la quale avrebbe messo in serio imbarazzo il ministro Orlando nell’accettare la conferma del suo incarico. Tuttavia, resta una riforma a rischio, perché divisiva anche nella maggioranza e perché prevede quasi 200 voti segreti al Senato.
Cosa c’è da fare
Sempre che siano superati gli ostacoli politici ad una rapida approvazione della riforma, si aprirà la fase di attuazione perché il Ddl sul processo penale contiene una serie di deleghe al governo, per esempio su intercettazioni, carcere, impugnazioni, da esercitare entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
LAVORO
Jobs act da completare con le politiche attive
Cosa ha detto. L’impegno di Gentiloni è quello di «completare la riforma del lavoro». Massima attenzione dovrà essere data «a lavoratori dipendenti e partite Iva», con l’obiettivo di rilanciare l’occupazione
Cosa c’è da fare. C’è la necessità di far decollare, rapidamente, le nuove politiche attive per completare così il Jobs act. A Natale dovrebbe partire la prima sperimentazione dell’assegno di ricollocazione per aiutare i disoccupati a riqualificarsi e a trovare un nuovo impiego. Altra priorità è il taglio strutturale del cuneo sul lavoro stabile. Sul tavolo c’è poi la questione crisi aziendali (a fine anno spariranno infatti mobilità e Cig in deroga). A settembre Confindustria e sindacati avevano presentato al governo Renzi un pacchetto di proposte, ricevendo, finora, solo parzialissime risposte. C’è poi da convertire in legge il Jobs act degli autonomi: approvato in estate, con ampio voto favorevole bipartisan, dal Senato, ma ora è in stand-by alla Camera. Toccherà al ministro Poletti, “accelerare” l’iter