INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO
presso i Distretti delle Corti di Appello
30 gennaio 2016
“Autorità, Colleghi e Colleghe, Signore e Signori,
ringrazio per l’invito e vi porto il saluto dell’Organismo Unitario della Avvocatura, l’organo di rappresentanza politica forense previsto dalla vigente legge professionale, e del suo Presidente.
Il Paese chiede una giustizia veloce ed efficiente e, nonostante l’impegno profuso da Avvocati e Magistrati, siamo lontani dal raggiungimento di questo obiettivo, la conseguenza del perdurare di questa situazione è la crescente sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti della nostra macchina giudiziaria.
E anche quest’anno è lungo l’elenco delle criticità, infatti anche considerando il parziale cambio di rotta di questi ultimi mesi con l’approvazione di provvedimenti che segnano una certa discontinuità dal passato, continua a mancare ancora un passaggio, il più importante: l’affermazione di un diverso metodo di lavoro che veda come protagonista nella cabina di regia delle politiche sulla giustizia, chi tutti i giorni opera nei Tribunali.
Avvocati e Magistrati hanno avuto relazioni discontinue, talvolta conflittuali, ora è giunto il momento di voltare pagina. Sta, infatti, tramontando la stagione che vedeva gli avvocati perennemente nell’occhio del ciclone come capri espiatori delle disfunzioni del sistema, ed è sempre più evidente il crollo del gradimento degli italiani nei confronti dei giudici. Scandali come quelli che hanno coinvolto diverse toghe a Palermo o Napoli non possono essere circoscritti alle pagine della cronaca: sono un problema politico che va risolto definendo i conflitti di interesse ed operando uniti, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni di ciascuno, per ridare prestigio alla nostra giurisdizione. Solo in questo modo saremo credibili per avviare delle riforme del settore condivise e senza imposizioni e invasioni di campo.
Oggi siamo qui, come tutti gli anni, ad analizzare lo stato dell’arte.
Il costante riferimento dei media alla lunghezza dei processi e alle pendenze arretrate, i moniti della Unione Europea, hanno indotto la classe politica ad interventi fino ad ora non organici, poco chiari, del tutto inidonei a sortire risultati concreti, la maggior parte dei quali -per non dire la totalità- è stata deliberata senza interpellare gli avvocati, che quotidianamente frequentano le aule dei tribunali e senza tenere in alcun conto l’effetto domino che ogni modifica normativa genera nel quadro generale.
In questo contesto confuso ed emergenziale, Governo e Parlamento (il riferimento non è solo a quelli attuali) hanno scelto, spesso, scorciatoie “populiste” e, condizionati dall’opinione pubblica, hanno contrapposto gli interessi dei cittadini con quelli delle imprese, con una costante e preoccupante attenzione del legislatore a interventi volti a costituire corsie preferenziali per queste ultime.
La conseguenza di queste “(contro)riforme” è quella di una giustizia di serie B per le donne e gli uomini di questo Paese, con più sbarramenti al libero accesso alla giurisdizione che tutele, e con meno qualità. Lo dimostrano i cospicui aumenti del contributo unificato.
Consentiteci un inciso, l’Avvocatura, che si è sempre opposta agli aumenti delle spese di giustizia, torna anche in questa sede a chiedere che le risorse che si generano nel comparto siano destinate ad investimenti per la modernizzazione delle strutture, l’implementazione della sicurezza degli Uffici Giudiziari e per l’innovazione tecnologica e lo sviluppo del Processo Telematico.
Ma ritorniamo alla questione centrale: assistiamo sempre più frequentemente a pesanti interventi del MEF, oltre ogni sua specifica funzione, ricordiamo in tal senso alcune prese di posizione dell’attuale ministro dell’economia che lamentava come la Corte Costituzionale non considerasse le conseguenze economiche delle proprie pronunce.
In Italia si sta teorizzando, di fatto, la subordinazione del diritto, e quindi dei diritti, alle ragioni dell’economia. Un principio inaccettabile che mina le basi stesse della nostra Costituzione. In questi anni questa corrente di pensiero (insieme alla scarsa disponibilità di risorse finanziarie) ha creato il terreno fertile affinché si spingesse verso forme di risoluzione delle controversie extragiudiziali: molti i provvedimenti in questa direzione, ma anche in questo caso le scelte governative mancano di una complessiva elaborazione e di una proposta effettivamente centrata sulla professionalità dell’avvocato, che consenta di percorrere strade alternative a quella statale, ma di medesima qualità. L’avvocatura è disponibile a misurarsi su questo terreno, ma partendo dal proprio ruolo costituzionale e dalla conseguente centralità nel sistema-giustizia, con pari dignità dei magistrati, investendo la propria professionalità anche fuori dal processo concorrendo alla funzione giurisdizionale.
L’abbiamo definita, appunto, “giurisdizione forense”, ma questa non deve essere appannaggio solo dei più abbienti: è necessario che anche le fasce dei cittadini in difficoltà possano godere di tutela rapida e di qualità, garantendo loro il patrocinio a spese dello Stato. E in questa direzione l’OUA si è adoperato promuovendo un disegno di legge, i cui principi sono stati recepiti nell’ultima legge di stabilità.
Su questo terreno, un altro banco di prova è l’elaborazione di un intervento organico e condiviso sul processo civile, non basato su ulteriori filtri ai danni dei cittadini. In questo senso, come rappresentanza dell’Avvocatura, abbiamo presentato un pacchetto di emendamenti al ddl delega “Berruti” per correggere alcuni aspetti di un provvedimento che rischia di essere ancora una volta parziale e che, oltretutto, presenta alcune criticità, tra le quali, non si può non segnalare la mancata istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori, con il superamento degli attuali tribunali per i minorenni.
Un breve accenno alla magistratura onoraria, un settore che supporta una parte importante del contenzioso e che è in piena mobilitazione e protesta, per sollecitare un intervento urgente del legislatore, al fine di garantire a chi decide di percorrere questa strada professionale diritti e tutele adeguati, ma anche rigidi controlli di qualità con la partecipazione dell’Avvocatura.
In tema di compensi, chiediamo che, al momento della liquidazione degli onorari, i Magistrati tengano conto della professionalità degli Avvocati: il nostro lavoro, al pari di qualsiasi altro, deve essere remunerato in maniera dignitosa, come prevede l’art. 36 della nostra Carta Costituzionale
Quanto poi alla giustizia penale. Si valuta positivamente, pur con alcune criticità, il recente decreto sulle depenalizzazioni, anche se rimangono inevasi interventi urgenti e complessivi su alcuni nodi irrisolti come quelli legati al reato di immigrazione clandestina, la cui vigente normativa si è rilevata inadeguata.
E’ necessario e non più rinviabile riaffermare adeguatamente il principio del giusto processo: i giudizi devono poter essere celeri tanto da potere arrivare ad una sentenza che tuteli sia le aspettative della vittima che il diritto dell’imputato a vedersi riconoscere in tempi ragionevoli colpevole o innocente e a scontare la pena nell’immediatezza del fatto di reato, evitando carcerazioni o restrizioni della libertà personale a soggetti che, nelle more del processo, si sono ravveduti.
Questa, più che l’aumento delle pene o la dilatazione dei termini di prescrizione, è la risposta concreta alla richiesta di sicurezza che viene dalla società civile.
Si deve chiudere con la stagione dei processi-spettacolo così come con l’abuso delle intercettazioni;
E’ necessario altresì ripensare, con tutti gli operatori, il ruolo stesso del carcere e del recupero sociale, affrontando nel contempo la domanda di sicurezza che viene dai cittadini diffondendo il concetto che detenzione in carcere non è sinonimo di sicurezza e che vanno quindi incentivate le misure alternative alla detenzione, dandosi così piena attuazione al dettato dell’art. 27 Cost.