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Indennizzi «Pinto», scende la mora
Lun.7 – Si abbassa di molto il risarcimento che può ottenere il cittadino dal ministero della Giustizia per il ritardo nel pagamento dell’indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio. La penalità di mora, infatti, va calcolata applicando il tasso di interesse legale – lo 0,2% dal 2016 – sulla scorta della legge di Stabilità del 2016 (legge 208/2015). Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2595 dello scorso 15 giugno.
La vicenda riguarda un cittadino che aveva ottenuto nel 2012 l’indennizzo previsto dalla legge 89/2001 (la legge Pinto) per un processo durato troppo a lungo. Aveva allora spedito in forma esecutiva la sentenza che condannava il ministero della Giustizia a pagare la somma. Dopo avere atteso alcuni mesi, il cittadino aveva proposto ricorso al Tar Lazio per l’ottemperanza della sentenza e aveva chiesto il risarcimento del danno da ritardo della Pa in base all’articolo 114, comma 4, lettera e), del Codice del processo amministrativo (Dlgs 104/2010).
Il Tar Lazio (sentenza 2841/2015) ha ricordato che le amministrazioni dello Stato dispongono di un termine di 120 giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che le obbligano al pagamento di somme. Il termine decorre dalla notifica del titolo esecutivo, in questo caso della sentenza. Solo alla scadenza di questo termine si può procedere a giudizio di ottemperanza. Accertata la decorrenza del termine, il Tar ha quindi ordinato al ministero di adempiere. I giudici hanno evidenziato che la penalità di mora (cosiddetta “astreinte”) a carico delle amministrazioni è ammessa per tutte le decisioni di condanna, anche quelle riguardanti una prestazione pecuniaria. Per calcolare questa penalità, il Tar ha ritenuto di concedere al ministero un termine di tolleranza di sei mesi dalla data di notifica della sentenza di condanna. Dalla scadenza e fino all’effettivo pagamento, il danno risarcibile è stato calcolato prendendo a parametro l’interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali.
L’avvocatura dello Stato ha impugnato la pronuncia del Tar e il Consiglio di Stato ha accolto parzialmente l’appello, ritenendo che la misura e la decorrenza delle penalità dovessero essere individuate diversamente. Per la misura, i giudici di secondo grado hanno ritenuto più equo il parametro dell’interesse legale, esplicitamente indicato dall’articolo 1, comma 781, della legge di Stabilità 2016, che ha modificato l’articolo 114, comma 4, lettera e), del Codice del processo amministrativo. Anche se il ministero avrebbe dovuto pagare prima dell’introduzione di questa norma, la mancata indicazione di un parametro in precedenza ha consentito al Consiglio di Stato di applicare l’interesse legale in via equitativa. Quanto alla decorrenza, i giudici hanno ritenuto che la penalità non fosse comminabile per inadempimenti pregressi alla sentenza che ordina l’esecuzione del giudicato, ma che dovesse maturare dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di ottemperanza, che contiene l’ordine di pagamento. Anche su questo punto il Consiglio di Stato si rifà al comma 781 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016. Giovanbattista Tona