INTERCETTAZIONI: Intercettazioni, riforma «fai da te» delle procure (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

In attesa del Ddl. I procuratori capo di Roma e Milano hanno già sollecitato a Pm e polizia giudiziaria una stretta sulla divulgazione
Intercettazioni, riforma «fai da te» delle procure

Dom.10 – Alla fine l’unica riforma delle intercettazioni potrebbe essere quella-fai da-te delle procure. Che, in assenza di un intervento di Governo e Parlamento, si stanno muovendo da sole. Il premier Matteo Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando sono ormai in pressing sul Senato per sbloccare il disegno di legge delega approvato dalla Camera e da tempo incagliato in commissione. E qualche segnale è arrivato nelle ultime ore con l’avvio della discussione generale. Ma, se portare a casa la riforma è una priorità per l’Esecutivo, i tempi si profilano lunghi, visto che, rispetto alla versione uscita dalla Camere, sono date per inevitabili altre modifiche. Con relativa necessità di un nuovo passaggio alla Camera.
Quanto ai contenuti, David Ermini, responsabile giustizia del Pd, assicura che «faremo una riforma delle intercettazioni che non ne toccherà minimamente l’utilizzo. I magistrati hanno il diritto di utilizzare come meglio credono le intercettazioni per l’amministrazione della giustizia. Ma abbiamo posto un rilievo sulla pubblicizzazione di quelle poco rilevanti sui giornali per quelle persone che nulla hanno a che fare nel processo».
Tuttavia, forti sono le preoccupazioni di magistratura e organi di informazione, visto che, se da una parte la delega prevede un innalzamento delle garanzie sulla riservatezza delle comunicazioni, dall’altro apre all’introduzione di nuove regole che dovranno incidere sull’utilizzo delle intercettazioni in fase cautelare.
Così, se il fronte parlamentare resta nebuloso, a farsi avanti sono state le Procure e, in particolare, alcuni dei più autorevoli capi procuratori. Quasi a volere dimostrare, con messaggio alla politica, che la legge attuale è più che sufficiente e, se proprio si deve intervenire, allora gli uffici sono in grado di procedere da soli. Primo a muoversi il capo procuratore di Roma Giuseppe Pignatone (che peraltro già aveva sollecitato una stretta sulla divulgazione d’intesa con l’allora capo procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati) che, nel novembre scorso, ha sollecitato polizia giudiziaria e Pm a evitare di inserire nei provvedimenti, il contenuto di conversazioni manifestamente irrilevanti e non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagine. Con un’attenzione particolare su 3 punti: le opinioni politiche o religiose, la sfera sessuale e le condizioni di salute; i dati personali di chi non indagato è intercettate indirettamente sui telefoni o negli ambienti frequentati dagli inquisiti; le conversazioni casualmente registrate con estranei alle indagini.
E dopo Pignatone, Armando Spataro, alla guida della Procura di Torino, ha messo in campo una serie di prescrizioni a uso interno per evitare che vengano trascritte anche solo nei brogliacci conversazioni e dati inutilizzabili perchè relativi a comunicazioni tra indagato e difensore oppure perchè interessati dal Codice della Privacy. Al Pm titolare dell’inchiesta spetta poi anche la prerogativa di stralciare gli atti che non considera determinanti per lo svolgimento delle indagini chiedendone la distruzione. Distruzione che però sarà sempre filtrata dalla decisione del giudice, lasciando una limitata finestra di tempo (5 giorni) agli avvocati per prendere visione del materiale.
A Roma e Torino, poi, si sono aggiunte anche le procure di Napoli e Firenze con il varo di linee guida per gestire il sempre impervio rapporto tra esigenze di informazione e tutela della riservatezza. G. Ne.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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