IX CONFERENZA NAZIONALE AVVOCATURA – TORINO 26-28 NOVEMBRE 2015

locandina senza SAVE

 

IX CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA

26-27-28 NOVEMBRE – TORINO, LINGOTTO

RELAZIONE DI MIRELLA CASIELLO, PRESIDENTE OUA – ORGANISMO UNITARIO AVVOCATURA

 

Ridare centralità politica all’Avvocatura, questa la sfida che abbiamo lanciato, e che vogliamo vincere, per uscire dalla fase resistenziale e poter così coniugare proposta e protesta “per un nuovo governo della giustizia”.

Gli avvocati italiani, oltre 200 mila professionisti, insieme con le loro rappresentanze politiche, istituzionali e associative, da anni subiscono decine di riforme procedurali, organizzative, tagli degli uffici giudiziari, aumento dei costi e compressione dell’accesso al sistema giustizia, limitazione del diritto di difesa tanto nel penale quanto nel civile.

Una situazione difficile, spesso accompagnata da un’assenza di dialogo con i ministeri di tutti gli schieramenti, tecnici o politici; mancanza di dialogo a volte favorita dai nostri stessi errori e dalla mancanza di una vocazione unitaria della categoria. In questo senso spiace l’assenza del Ministro, assorbito anch’egli dai drammatici eventi di Parigi che hanno lasciato sgomenti tutti noi.

Il dialogo fra la componente politica e associativa dell’Avvocatura e il Governo deve comunque proseguire, nonostante le possibili cadute e gli incidenti di percorso e le diversità di vedute, come avvenuto con il regolamento specializzazioni o con le proposte di modifica alle regole per le elezioni dei Consigli dell’Ordine.

L’Avvocatura è e sarà sempre alla ricerca di soluzioni nell’interesse della Giustizia e a tutela del cittadino.

E’ ancora lontana la risoluzione di molti problemi ed emerge ancora una volta, chiaramente, la necessità di un progetto complessivo e non frammentario di riforma della giurisdizione.

Il tema centrale è la ricerca della più efficace e moderna risposta alla domanda di giustizia di cittadini e imprese.

Ma attenzione: serve una giustizia veloce ed efficiente, non sommaria e approssimativa.

In Italia siamo lontani da questo obiettivo e nelle aule dei tribunali si respira una evidente frustrazione, una rabbia silenziosa e sofferta; e intanto cresce esponenzialmente nell’opinione pubblica la sfiducia nei confronti della nostra macchina giudiziaria.

Il costante riferimento dei media alla lunghezza dei processi e all’arretrato, i richiami nei rapporti internazionali, così come gli ammonimenti dell’Unione europea, hanno prodotto una legislazione farraginosa e di emergenza che non ha sortito risultati concreti, anche perché molti provvedimenti sono stati fatti senza interpellare gli avvocati che quotidianamente frequentano le aule dei tribunali, senza tener conto dell’effetto domino che la modifica di ogni norma produce nel quadro complessivo.

Non si possono affidare le riforme a chi da anni non sta in prima linea.

Sono stati contrapposti gli interessi dei cittadini e delle imprese, con una costante, e preoccupante, attenzione del legislatore a proposte che tendono a definire una giurisdizione di serie A, costruendo corsie preferenziali per le imprese, e di serie B per i cittadini, nei confronti dei quale sono proliferati gli sbarramenti al libero accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti.

A volte si è addirittura consentito di subordinare le norme di procedura a criteri meramente economici. Il Mef, spesso, è intervenuto sulla giustizia, sconfinando nelle prerogative del ministero di via Arenula.

Così come sono da criticare apertamente le continue invasioni di campo dell’Autorità sulla Concorrenza, sempre pronta a puntare la sua attenzione sull’Avvocatura, ma totalmente distratta in altri ambiti e settori.

Se l’Antitrust (e con essa una parte importante degli opinion leader economici italiani) crede che gli avvocati siano ancora il problema dello sviluppo di questo Paese, è invece evidente che tutte le riforme che si sono abbattute sulla categoria, dalle lenzuolate Bersaniane in poi, sono state inutili e fallimentari, soprattutto a danno dei più giovani. E che anche questo Ddl Concorrenza, ora all’esame del Senato, finirà per colpire le fasce più deboli della categoria, a favore della grande impresa. Lasciando inalterati i privilegi di altre professioni, arroccate nelle loro riserve di caccia e nei confronti ti delle quali l’antitrust appare miope.

Gli stessi interventi sulla negoziazione assistita e sull’arbitrato mancano di una complessiva elaborazione e di una proposta effettivamente centrata sulla professionalità dell’avvocato, che consenta di percorrere strade alternative a quella statale, ma di medesima qualità.

L’avvocato vuole coniugare, con pari dignità dei magistrati, il proprio ruolo costituzionale e la propria centralità nel sistema-giustizia, anche fuori dal processo, concorrendo alla funzione giurisdizionale.

Ma la giurisdizione forense non può essere appannaggio solo dei più abbienti.

E’ necessario che anche le fasce dei cittadini in difficoltà possano godere di tutela rapida e di qualità attraverso gli strumenti alternativi alla giurisdizione, garantendo loro il patrocinio a spese dello Stato, come da disegno di legge depositato su iniziativa dell’OUA.

Nelle liquidazioni degli onorari degli avvocati, pretendiamo dalla Magistratura che non venga mai dimenticato che il lavoro dell’avvocato, al pari di qualsiasi altro, deve essere remunerato in maniera dignitosa, come prevede l’art. 36 della nostra Carta Costituzionale

L’Avvocatura, che si è sempre opposta agli aumenti delle spese di giustizia, torna anche in questa sede a chiedere che le risorse che si generano nel comparto siano vincolate in investimenti per la modernizzazione delle strutture e per l’innovazione tecnologica (e della sicurezza).

Ciò consentirebbe di implementare davvero il processo telematico, con l’abbandono definitivo della copia di cortesia, una concessione francamente anacronistica a un settore della magistratura ancora restio al cambiamento.

Centrale in questo processo di razionalizzazione e ottimizzazione del sistema-giustizia, è l’aumento del personale e dei giudici togati.

Quindi, la riforma della magistratura onoraria, un settore che supporta una parte importante del contenzioso e che in questi giorni è in piena mobilitazione e protesta, e che ha bisogno di un intervento urgente del legislatore, al fine di garantire a chi decide di percorrere questa strada professionale diritti e tutele adeguati, ma anche rigidi controlli di qualità con la partecipazione dell’Avvocatura.

Vorremmo ripensare, con tutti gli operatori, il ruolo stesso del carcere e del recupero sociale, affrontando nel contempo la domanda di sicurezza che viene dai cittadini; addivenire a un provvedimento condiviso sui reati minori, sulle pene alternative al carcere.

E’ necessario e non più rinviabile riaffermare il principio del giusto processo: si deve chiudere con la stagione dei processi-spettacolo così come con l’abuso delle intercettazioni.

L’Avvocatura vuole, inoltre, contribuire a elaborare un intervento organico e condiviso sul processo civile, non basato su ulteriori filtri ai danni dei cittadini. In questo senso stiamo lavorando in questi giorni per preparare un pacchetto di emendamenti al Ddl “delega Berruti” per correggere alcuni aspetti di un provvedimento che ha appunto un peccato originale, rischia di essere ancora una volta parziale. Uno dei terreni di scontro la richiesta dell’istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori, ma superando gli attuali tribunali per i minorenni. Aspetto sul quale lo stesso Berruti ha spesso denunciato le gravi resistenze di una piccola parte della magistratura impegnata a difendere questa sacca di privilegio e potere.

 

Consentitemi, quindi, un richiamo alla magistratura.

In questi anni, le relazioni con gli avvocati sono state discontinue, talvolta conflittuali.

Gli avvocati sempre nell’occhio del ciclone, ma in questi ultimi anni il gradimento degli italiani anche nei confronti dei giudici è crollato.

Scandali come quello di Palermo o episodi come quelli di Napoli, non possono essere circoscritti alla pagine della cronaca. Sono un problema politico. Bisogna chiudere con i conflitti di interesse, bisogna lavorare tutti per ridare prestigio alla nostra giurisdizione.

Infine, questa Conferenza giunge in un momento difficile anche per altri aspetti: per il nuovo regolamento sulle specializzazioni, per il nodo non sciolto delle elezioni dei Consigli degli Ordini, per il regolamento sui Cassazionisti e le ombre del regolamento sulla formazione continua, ma soprattutto per la grave crisi che ha colpito l’Avvocatura, specie i più giovani e le donne. Per questa ragione l’Oua ritiene che sia necessario un PATTO tra generazioni che faccia leva sulla capacità di fare rete, anche attraverso le società tra professionisti, opportune e apprezzabili purché nel solco tracciato dalle mozioni congressuali, in modo da ridurre il gap di genere e di reddito, ipotizzando una moderna riorganizzazione degli studi professionali e un più facile accesso e utilizzo dei  fondi europei (per esempio per l’avvio dell’attività professionale) e insistendo anche sulla funzione di sostegno attivo della Cassa forense.

Consentitemi, quindi, di fare una riflessione sulla centralità dell’Avvocatura che rivendichiamo, ma che spesso non pratichiamo.

Sgomberiamo intanto il campo dai confronti con le altre professioni che sono impropri.

Un esempio: in questi mesi sul Ddl concorrenza ci siamo confrontati con i notai, sulla nota vicenda, non ancora archiviata, delle autentiche degli atti sulle compravendite degli immobili. L’Oua, e non solo, anche alcune associazioni, ha fatto una campagna forte sia in sede di audizione parlamentare sia sui media, testimoniata dalla ricca rassegna stampa sul tema. Una campagna che tuttavia non ha sortito i risultati sperati. Nonostante i molti avvocati-parlamentari. Perché? Secondo alcuni, per nostra incapacità. Può essere, ma questo è un atteggiamento da cassandre.

In questi anni molti sono stati i silenzi su decine di sconfitte, anche peggiori, anche quando sembrava marciassimo compatti: liberalizzazioni, mediazione, geografia giudiziaria, aumento del contributo unificato, solo per fare alcuni esempi delle nostre innumerevoli Caporetto. Purtroppo presi da nostalgiche visioni del passato, spesso si è fatto tabula rasa della storia e non si è tracciato un bilancio che consenta di individuare tutti i problemi che minano la forza e l’unità dell’Avvocatura.

Il punto, infatti, è un altro. Innanzitutto, l’Avvocatura non è costituita da poche migliaia di professionisti, come i notai, ma da oltre 200 mila colleghi. Più numerosi, quindi più forti? No al contrario, più numerosi, più divisi. Primo, perché l’Avvocatura come corpo unico non esiste socio-economicamente, esistono le Avvocature, per vocazione, per tipo di lavoro, per collocazione geografica, per divisione di genere e anagrafica. Lo dimostrano decine di studi, ma soprattutto gli stessi dati della Cassa forense. Giovani che guadagno poco, donne che perdono un 30 % circa di reddito nel confronto con gli uomini, enorme gap tra nord e sud, tra città e provincia. Ricomporre la rappresentanza non è quindi solo una questione di regole o di quote, ma un problema di ricomposizione e di sintesi di bisogni e problemi complessi e territorialmente articolati.

Dare risposte diverse alle preoccupazioni di quasi 200mila professionisti.

Un esercito, oltretutto, lontano dalla politica forense, come dimostrato sia i dati di partecipazione alle elezioni dei nostri organismi istituzionali, sia a quelli di affiliazione alle associazioni. In entrambi i casi bassi.

E allora la prima sfida è combattere la disaffezione e l’individualismo.

 

È urgente riflettere per fornirci di strumenti che favoriscano questo processo.

Il congresso forense, e quindi l’Oua, pur con difetti e limiti consentono questa dialettica e permettono l’ampliamento della partecipazione diretta.

Lavoriamo per costruire meccanismi più efficaci per costruire maggioranze politiche forti e programmatiche, impegniamo nelle elezioni dei delegati congressuali le energie migliori della categoria, vincoliamo i nostri rappresentanti a progetti chiari. Facciamo che l’assise congressuale sia davvero costituente della linea politica degli avvocati e del suo organo esecutivo, l’Oua, che deve avere autonomia economica effettiva. Senza risorse è impossibile fare politica. E sia chiaro: chi sta nell’Oua lo fa volontariamente, senza compensi o gettoni di presenza. E così deve rimanere.

Gli ordini, per il ruolo istituzionale, e le associazioni, per la capacità propositiva, possono essere il volano di questa nuova fase dell’Avvocatura. Ma confrontiamoci, contiamoci, facciamo sintesi.

Ed evitiamo, invece, di fare come abbiamo fatto fino ad ora. Distinguerci, dividerci, prendere le distanze, manovrare sotterraneamente, fare continue invasioni di campo.

Oua, Cnf e Cassa e Ordini, ognuno con le proprie competenze e limiti, insieme alle associazioni possono ridare protagonismo alle Avvocature.

Questo sì può essere un nuovo inizio.

Per concludere: da Torino, città simbolo dell’industria, del “saper fare” italiano e cuore pulsante della nostra cultura, anche sul piano giuridico, città che ha pagato duramente nella lotta per la democrazia nel nostro Paese, prima nella liberazione dagli invasori, poi nella battaglia contro il terrorismo. In questo senso, prima di cominciare voglio che si faccia un omaggio a un nostro illustre collega che pago con la vita il suo impegno come avvocato, come presidente dell’ordine forense, come difensore dello stato di diritto, Fulvio Croce, vittima della Brigate Rosse, al quale idealmente è dedicata anche questa IX Conferenza dell’Avvocatura.

Questa assise, infatti, vuole anche essere l’occasione per sottolineare, appunto, il ruolo sociale dell’Avvocatura ed è per questa ragione che intendiamo ricordare, con il Premio Oua, due episodi diversi, ma significativi e drammatici per il vissuto di molti avvocati italiani: la tragica strage del Tribunale di Milano che ha spezzato la vita del giovane collega Lorenzo Claris Appiani, lo scorso aprile, in una giornata che vide sfregiato uno dei luoghi simbolo dell’esercizio della giustizia, il nostro luogo di lavoro. Ma anche valorizzare il lavoro dell’Unione degli ordini forensi tunisini, componenti del “Quartetto per il dialogo”, insignito quest’anno del premio Nobel della Pace, per il contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica nel loro Paese, sulla scia della rivoluzione del Gelsomino del 2011. Un esempio di come i valori della cultura giuridica siano strumenti fondamentali per l’affermazione dei diritti dei cittadini.

Quindi, consentitemi di ringraziare i padroni di casa, l’Ordine di Torino e l’Unione degli Ordini del Piemonte e il Presidente, Mario Napoli, ma anche le altre istituzioni forensi, il Cnf, la Cassa, gli altri Ordini territoriali di tutta Italia e le associazioni maggiormente rappresentative e quelle emergenti, per aver creduto, con questa IX Conferenza, nella necessità di dare una scossa all’Avvocatura, affrontando i temi della giustizia e della professione anche da un punto di vista diverso, con una impostazione aperta, eterodossa, siamo certi che questo è solo l’inizio di un percorso, ma forse…è un buon inizio.

Documento focus giustizia tributaria (1)

Documento focus Magistratura Onoraria-1 (1)

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Documento focus Adr (1)

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