ITALIA OGGI
L’effetto delle riforme Fornero e Jobs act nel monitoraggio del ministero del lavoro
Addio all’esercito dei co.co.co.
In sei anni 360 mila collaboratori in meno. E cresce l’età
Sab. 3 – Addio all’esercito dei co.co.co. I c
ollaboratori puri (non professionisti, amministratori e sindaci) si sono ridotti di 360 mila unità tra il 2009 e il 2015: erano poco meno di 974 mila, adesso sono 611 mila. È l’effetto delle riforme del lavoro, dalla Fornero al Jobs act che miravano ad arginare il fenomeno del lavoro parasubordinato, sinonimo di precarietà. E se prima la collaborazione era usata come contratto di primo approccio (nel 41% dei casi si trattava di giovani tra 25 e 34 anni), adesso interessa per lo più soggetti con oltre 35 e fino a 54 anni (nel 41,6% dei casi). A descrivere l’evoluzione delle co.co.co. è il Quaderno di monitoraggio dei contratti di lavoro dopo il Jobs act (n. 1/2016), pubblicato ieri dal ministero del lavoro.
Il monitoraggio. Il monitoraggio si basa su tre principali fonti di dati statistici: Istat, Inps, ministero del lavoro. Segue una logica temporale delle riforme al fine di misurare l’impatto dei vari provvedimenti normativi sul mercato del lavoro, nonché sulla struttura dell’occupazione e dei contratti di lavoro.
L’esercito dei co.co.co. Per quanto riguarda le collaborazioni il monitoraggio verifica gli effetti della logica seguita dal legislatore che, dalla fine degli anni 90, è stata quella di ridurne gli usi distorsivi e impropri che le avevano rese simbolo della precarietà lavorativa, specialmente per i giovani. L’analisi si concentra sulla categoria dei collaboratori cosiddetti puri con esclusione cioè dei professionisti, degli amministratori e dei sindaci. I dati evidenziano il ruolo giocato dalle riforme nel porre il freno al fenomeno: già la legge 92/2012 (riforma Fornero), imponendo una serie di requisiti per il ricorso alle collaborazioni, ottiene il risultato di una contrazione del numero di collaboratori nell’anno di quasi 160 mila unità; nel 2015, poi, c’è l’ulteriore calo di quasi 100 mila unità in seguito al Jobs act, cui fa seguito anche una progressiva riduzione della quota dei collaboratori esclusivi i quali, pur continuando a rappresentare la maggioranza, scendono dal 77,9% (2011) al 73,6% (2015).
Meno giovani. Parallelamente alla riduzione del numero dei collaboratori è mutata anche la composizione anagrafica dei lavoratori: nel 2011, i giovani al di sotto dei 25 anni sono il 16,2%; nel 2015 il 10,9%. A ridursi, inoltre, è stata anche la quota dei collaboratori esclusivi monocommittenti, ossia soggetti che oltre a ricavare la sola fonte di redditi dalla collaborazione e/o dal lavoro a progetto, nel corso dell’anno hanno potuto contare su un solo committente: più di 482 mila nel 2014 sono poco meno di 410 mila nel 2015, per lo più concentrati nelle fasce d’età tra 25 e 54 anni. In termini d’incidenza sul totale dei collaboratori (esclusivi e concorrenti), però, resta che circa 9 giovani collaboratori su 10 (per un totale di 45.425 soggetti) si trovano ancor in condizione di monocommittenza (la quota di monocommittenti, invece, è molto ridotta nei collaboratori senior: 31,2%).
Più lavoro dipendente. A chiudere l’analisi delle collaborazioni è il dato sul flusso dei collaboratori monocommittenti ed esclusivi transitato verso il lavoro dipendente: tra il 2014 e il 2015 è cresciuto dell’8,5%. È passato, in particolare, dal 32,8% (2013) al 41,3% (2014), riguardando tutte le fasce di età e ascrivibile per intero alla crescita dei flussi verso il lavoro a tempo indeterminato. Daniele Cirioli