L’INTERVENTO: Csm, il pericolo del giudice “nuovo” di Mario Serio – Professore di diritto comparato nell`Università di Palermo (Il Fatto Quotidiano)

IL FATTO QUOTIDIANO

 

Csm, il pericolo del giudice “nuovo”

 

di Mario Serio – Professore di diritto comparato nell`Università di Palermo

 

Lo scritto del Vicepresidente del Csm (Corriere della Sera 5 luglio) commentato da Bruno Tinti i sul Fatto si segnala per un doppio profilo di interesse. In primo luogo per l`importanza del tema, il rapporto tra giustizia evita delle imprese, contenente il caldo invito ai magistrati a valutare “gli effetti delle scelte”. Lo spunto deriva da specifici provvedimenti giurisdizionali (Ilva di Taranto e Fincantieri di Monfalcone). L`articolo si occupa di vicende processuali in corso e ciò è ulteriore motivo di interesse, dal momento che un simile comportamento da parte del vicepresidente del Csm è tutt`altro che usuale.

CONVIENE forse iniziare da qui per comprendere gli effetti che l`autorevole
intervento può produrre. Si potrebbe così parafrasare il titolo dell`articolo: “I magistrati italiani (e il Csm) valutino gli effetti delle parole del vicepresidente”. È indubbio, infatti, che quelle parole rechino la precisa traccia del giudizio che il loro autore nutre sui casi in questione. Un pensiero
che si condensa in due interrogativi retorici (per i quali, nelle intenzioni
dell`autore, esiste una sola risposta) che esprimono il dubbio che il sequestro dei cantieri potesse non essere necessario a proteggere il diritto alla salute,
della cui messa a repentaglio non vi sarebbe stata prova sufficiente,
e che il provvedimento potesse non avere tenuto in conto la giurisprudenza della Corte Costituzionale a proposito di “integrazione reciproca di tutti i
diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione”. Sul piano dell`opportunità non può non rilevarsi che parole provenienti da così titolata fonte sono destinate a produrre conseguenze pratiche e psicologiche della massima importanza. Da un canto determinano una insidiosa possibilità di interferenza.
Dall`altro, gli accenti critici sicuramente giovano alla posizione delle parti in causa ed a quelle di altri settori della vita politica ed economica, rafforzandone il potere negoziale verso altri poteri pubblici.

E qui risiede l`altro aspetto da considerare. In sostanza, la tesi sostenuta
è: se manca nei provvedimenti la giusta ponderazione degli effetti di natura sociale, economica, imprenditoriale, ben può darsi che debbano essere Governo e Parlamento a rimediare sostituendosi di fatto alla magistratura.

Il risultato ultimo cui il ragionamento del Vicepresidente del Csm ineluttabilmente conduce è la supplenza politica all`attività della magistratura. L`esatto contrario di quel che nello stesso scritto si critica,
parlando della speculare ipotesi della supplenza giudiziale di fronte all`inerzia di altri organi pubblici che rappresenterebbe “invasione del campo riservato ad altri poteri dello stato”. Ci si trova, in sostanza, di fronte ad un`inedita versione dei rapporti tra potere giudiziario ed altri poteri dello Stato. Un simile modo di concepire i rapporti in questione tende a trasferire l`area di controllo sui provvedimenti giurisdizionali alla politica. E come dire che la parte insoddisfatta di un provvedimento dovrebbe rinunciare all`impugnazione ed esercitare pressioni individuali o di gruppo, palese o occulto, affinchè il provvedimento venga cancellato.

Naturalmente, secondo l`analisi che qui si commenta, esiste un antidoto per prevenire questa forma di supplenza invertita (nel senso di contraria a
quella tradizionale), e cioè che i giudici ben sappiano valutare “gli
effetti delle scelte”. Il che potrebbe equivalere a dire che essi debbano prefigurarsi il gradimento delle loro decisioni da parte dei destinatari, prevedendo, in caso di malcontento, la forza dei relativi sostegni economico-politici. Perché un conto è l`ovvio appello al senso di ponderazione circa le concrete conseguenze dell`attività giurisdizionale, altro, inaccettabile,
è la pretesa che i magistrati debbano, per autodifesa preventiva, adattare
i propri provvedimenti alle possibili future reazioni delle parti. Un pericolo simile a quello della recente legge sulla responsabilità civile dei magistrati, invogliati a non scontentare le parti in grado di far affidamento su gruppi di pressione.
NÉ TRANQUILLIZZA l`accenno finale secondo cui il Csm “intende muoversi in tale direzione”, ossia verso lo sviluppo di una “cultura della giurisdizione sempre più moderna”, grazie a riforme su carriere, incarichi direttivi, valutazioni di professionalità. Il fine cui tendere dovrebbe essere, secondo il vicepresidente del Csm, quello di coniare una nuova figura di giudice autonomo ed indipendente “dotato di una sensibilità capace di porlo in sintonia con le aspettative del Paese e dei cittadini”. In altri termini, un giudice preda di speranze e di timori, che prudentemente chieda consiglio sulle ripercussioni sulla carriera dei propri atti, soprattutto in materia economica ed industriale. Questo spiega il giusto titolo scelto per l`articolo: “Giustizia e imprese. Le toghe valutino gli effetti delle scelte”.

 

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