L’INTERVENTO: Il giudice a la carte piace anche al Csm di Bruno Tinti (Il Fatto Quotidiano)

IL FATTO QUOTIDIANO

Il giudice a la carte piace anche al Csm

 
di Bruno Tinti

 

 

Il 5 luglio Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, ha consegnato al Corriere della Sera una summa del suo pensiero sul ruolo dei giudici. Poche
idee, confuse e contraddittorie. Poiché è avvocato e docente universitario,
si può presumere che sia giuridicamente attrezzato.

Sicché è ragionevole pensare che si sia prestato a fungere da portavoce di Renzi &C, notoriamente in difficoltà con Costituzione e codici: un po` umiliante per un giurista, del tutto normale per un politico.

Il tema di fondo sta nell`enunciato iniziale: “I giudici non possono evitare di considerare le conseguenze delle (loro) decisioni”.

Che è una sciocchezza. La legge è emanata nell`intento di regolamentare
le vicende umane in un determinato modo e non in altri astrattamente possibili. È il legislatore che deve porsi il problema di quali siano le sue conseguenze; non i giudici che hanno il solo dovere di applicarla. Per quanto inconcepibile sia la necessità di spiegare un simile concetto, pare proprio che farlo sia necessario.

Attributo fondamentale della legge è l`essere eguale per tutti. E’ caratteristica ineliminabile per l`essere umano, anche per un giudice, è possedere autonome convinzioni. Sicché la valutazione delle conseguenze delle proprie azioni è soggettiva: un giudice che emetta sentenze valutandone le conseguenze adotterà decisioni che eviteranno quelle che a lui sembrano negative e produrranno quelle che ritiene positive.

Ma un altro giudice che abbia convinzioni diverse, emetterà sentenze
di segno opposto. La giustizia fondata sulla legge e non sull`opinione
del Re serve a garantire l`uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Concetto che ogni figlio di giurista acquisisce con il latte materno; il che, apparentemente, non è accaduto a Legnini, pur oggi vicepresidente del Csm.
MA LA LEGGE può essere sbagliata e provocare conseguenze inique.
Qui Legnini esce dall`astrattezza e rende noto il problema che lo angustia;
meglio, quello che lo hanno incaricato di esporre: “Il rapporto tra decisioni dei giudici e vita delle imprese nonché il conflitto tra la tutela della salute e dell`ambiente, da un lato, e l`iniziativa economica e i livelli di occupazione, dall`altro, sono tornati in forte evidenza a seguito dei provvedimenti di sequestro preventivo presso Ilva e Fincantieri”.

E’ necessaria “piena consapevolezza della forte incidenza della giurisprudenza sul caso concreto e sul sistema in generale. Cogliere e prevedere le conseguenze delle decisioni giudiziarie, il loro impatto sull`economia e sulla società non può più essere considerato un tabù”. Non capisce lo sciagurato
(nel senso manzoniano del termine) che il dilemma cui egli fa riferimento non solo non può ma non deve essere risolto dai giudici.

Meglio uccidere o garantire lavoro sono scelte di cui si risponde alla collettività, non alla propria coscienza.

E i giudici, come ogni politico ha ripetuto almeno una volta nella sua vita, hanno vinto un concorso non una elezione democratica. Non hanno legittimazione a risolvere scelte politico-sociali, sono tecnici cui compete l`applicazione di norme scritte da altri. Non capisce nemmeno – Legnini che,
se non fosse così, ogni giudice deciderebbe in maniera diversa da un altro e la civile convivenza sarebbe impossibile.

Qualche fondamentale giuridico occasionalmente emerge: “Occorre dar conto
delle ragioni che inducono a scegliere una soluzione concreta a discapito delle
altre”. Legnini conosce dunque l`art. 111 comma 6 della Costituzione.
Peccato che ne estenda l`applicazione a fattispecie che gli sono estranee:
“Nella vicenda Fincantieri è certo che il diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre risultasse prevalente sul diritto al lavoro e alla libertà di impresa?” Davvero pensa che siano questioni di competenza del giudice ordinario? Non lo sa che, per risolvere problemi del genere, esiste una
Corte Costituzionale? Certo che lo sa, come sa che è la legge che deve regolamentarli. Tanto è vero che fa orgoglioso riferimento all`”adozione
di un decreto legge per affrontare le emergenze produttive ed occupazionali” conseguenti ai sequestri preventivi presso Ilva e Fincantieri. Il suo problema è che sa anche che si tratta di decreto legge illegittimo costituzionalmente;
gli sarebbe tanto piaciuto (e non solo a lui) contare su una magistratura
che, “consapevole delle conseguenze delle sue decisioni”, avesse cavato le castagne dal fuoco.

Legnini è un portavoce, come ho detto. Ma ricopre un ruolo che rende
i suoi interventi drammatici per la vita democratica del Paese. Così,
quando dice “Il Csm vuole formare un nuovo profilo di magistrato, capace
di porsi in sintonia con le aspettative dell`Italia”, quando promette
che il Csm avvierà “un cammino riformatore sui percorsi di carriera, incarichi direttivi, valutazioni di professionalità, formazione e specializzazione dei magistrati”; agita lo spettro di una Giustizia asservita al Governo. A Mussolini
sarebbe piaciuto.

 

 

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