IL MATTINO
La Giustizia e la rigidità dei precetti costituzionali
di Giovanni Verde
Dom.25 – In un lungo memoriale, apparso sul giornale nei giorni scorsi, il direttore di questo giornale si è chiesto se il nostro Parlamento (io direi, il nostro Paese) sarà mai un giorno in condizione di dare vita ad una vera e necessaria riforma della giustizia. Sarebbe troppo facile essere pessimisti e chiudere la discussione con un «no» definitivo.
Voglio per una volta andare contro la mia naturale inclinazione, anche perché
ho sempre pensato che la giustizia debba essere un`aspirazione dell`animo umano nascente da un perenne stato di insoddisfazione e che dovremmo diffidare di noi stessi nel momento in cui ritenessimo di avere
risolto il problema della giustizia. Sarebbe la nostra fine e probabilmente
ci troveremmo di fronte ad un apparente stato di soddisfazione quale può
essere imposto dall`alto in un regime autoritario.
Allora sono spinto a discutere con il Direttore (e, spero, con i lettori) sulle
ragioni che rendono difficile nel nostro Paese una qualsiasi (sensata) riforma
della giustizia e che portano governo e Parlamento ad intervenire con provvedimenti di settore, spesso dettati da esigenze del momento o peggio ancora da reazioni istintive e passionali nate da episodi che hanno avuto particolare rilievo nella pubblica opinione.
Per pensare ad una riforma organica della giustizia occorre sciogliere un
nodo preliminare. Quale è la giustizia che vogliamo? I nostri Costituenti pensavano ad una giustizia con la «G» maiuscola, non condizionata dalle esigenze di bilancio. Pensavano, insomma, ad un servizio che lo Stato deve rendere ai cittadini fuori da qualsiasi obbligo di contenimento della spesa.
Le cose sono andate diversamente. La folla di bisogni collettivi si è moltiplicata all`infinito e uno Stato sensibile alle esigenze di solidarietà sociale non può chiudere gli occhi e non tenerne conto. Il bilancio statale si è appesantito, il nostro debito pubblico è cresciuto a dismisura e, poiché abbiamo fortemente voluto vivere in unione con altri Paesi dell`Europa, era inevitabile che dall`esterno ci fossero imposti vincoli e limitazioni. Anche a me il nuovo art. 81 della Costituzione quello che ci impone di rispettare
l`equilibrio tra le entrate e le spese non piace. Ma non vedo come ce ne
possiamo liberare e al tempo stesso continuare ad appartenere all`Unione
europea. E, pertanto, penso che ci dobbiamo rassegnare all`idea che anche
il servizio che lo Stato rende in materia di giustizia non è indipendente
dalle risorse a disposizione.
Quali sono le ricadute sulla giustizia civile e su quella amministrativa?
Per i non tecnici è bene precisare la differenza tra questa forma di giustizia
e quella penale. Si tratta, per la civile e l`amministrativa, di giustizia a domanda di parte. Di conseguenza, nulla esclude che il Parlamento possa disporre misure per contenere la domanda o per diversificare i percorsi di
giustizia, immaginando differenti binari.
Non lo può fare, allo stato, perché l`art. 24 della Costituzione stabilisce
che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi» e, poiché l`art. 3 stabilisce che «tutti i cittadini sono eguali
davanti alla legge», è evidente che il legislatore, da un lato, non potrebbe
escludere la tutela giurisdizionale per alcuni diritti o interessi e, dall`altro lato, non potrebbe stabilire forme di tutela diversificate o lo potrebbe eccezionalmente fare (come in effetti fa) giustificando la differente disciplina
in base alla natura peculiare delle situazioni da tutelare. Vi è una rigidità
di fondo per la quale non è possibile nel nostro Paese – dirottare (faccio un
esempio) controversie seriali dinanzi ad organismi non giurisdizionali con il
potere di risolverle in maniera definitiva.
A questa rigidità se ne aggiunge un`altra, che nasce dall`esigenza di assicurare alla magistratura assoluta indipendenza e autonomia. Esigenza sacrosanta, che però paga il prezzo di un`organizzazione del personale che
ha tutti i difetti della corporazione (la quale, come è noto, vede e risolve i problemi in funzione prevalente delle proprie esigenze e assai meno in funzione delle esigenze dei destinatari del servizio).
Posto che è difficile intervenire sull`organizzazione, governo e Parlamento
cercano di intervenire sulle tutele. Tuttavia, quando ricorrono a tutele
extraprocessuali, devono comunque lasciare aperta la porta all`impugnazione
dei provvedimenti dinanzi al giudice statale. Il rimedio non è, perciò, risolutivo. Avviene, allora, che il governo e il Parlamento percorrano vie traverse per contenere le domande e i ricorsi. Come ho già avuto modo
di rappresentare in altre occasioni, si è costruito un sistema sbrindellato
che lascia tutti insoddisfatti. La sfiducia nella nostra giustizia, purtroppo, è
un dato in aumento costante.
Diverso è il discorso da fare per la giustizia penale? La possiamo considerare
una variabile indipendente dalle esigenze di bilancio? Ho l`impressione
che, purtroppo, anche qui la risposta non possa che essere negativa.
Ma se la risposta non può che essere negativa, dobbiamo cominciare a riflettere sulla rigidità della nostra Costituzione, che prevede, all`art.112, l`obbligatorietà nell`esercizio dell`azione penale. Ne possiamo fare a meno? In altri Paesi di civiltà democratica non inferiore alla nostra di tale principio si fa a meno. Noi lo consideriamo irrinunciabile. E ne paghiamo i costi.
Che non sono soltanto in termini di organizzazione del servizio o di sovraesposizione della giustizia penale.
Mi viene in mente un tema assai caro al nostro Direttore (e anche a me): il
tema delle intercettazioni. Purtroppo, il terrorismo su scala planetaria ha reso
indispensabile un sistema di intercettazioni ampiamente diffuso che viola la nostra libertà, riducendo in maniera insopportabile il diritto alla riservatezza (tanto più insopportabile in quanto la violazione si accompagna alla rapidità e alla facilità con cui le notizie intercettate possono essere diffuse e fatte conoscere all`esterno).
Tuttavia, tra le intercettazioni a fine di prevenzione e di sicurezza sociale,
he (altrove) restano riservate e non sono utilizzabili a fini processuali, e le
intercettazioni che, da noi, sono disposte necessariamente dall`autorità
giudiziaria e che possono essere occasione di esercizio obbligatorio
dell`azione penale corre una differenza assai rilevante. Anche questo è un
prezzo che paghiamo alla rigidità del precetto costituzionale.