CORRIERE DEL MEZZOGIORNO – Napoli
L’esperienza del confronto tra Italia e Tunisia
Lotta alla corruzione una battaglia morale per tutti gli avvocati
di Alessandro Senatore – Responsabile relazioni internazionali COA di Napoli
Caro direttore, si è svolta di recente la visita di una delegazione dell’Avvocatura italiana in Tunisia durante la quale si è discusso di temi importanti quali la corruzione, la lotta al terrorismo, la presenza dell’avvocato nella prima fase delle indagini. Un convegno interessante nel quale è stata ricordata la «rivoluzione dei gelsomini», una rivoluzione che, grazie alla forza del «Quartetto della Pace» premiato con il prestigioso Premio Nobel, è riuscita a cacciare il dittatore Ben Ali senza imboccare la via del sangue. Le parole di saluto dell’avvocato tunisino Abdelaziz Essid, amico fraterno e ambasciatore degli avvocati tunisini in Italia, hanno celebrato il ruolo fondamentale che l’avvocatura tunisina ha avuto durante la rivoluzione, ruolo che le ha consentito di ottenere l’approvazione di una Costituzione che, caso unico nel mondo arabo, garantisce libertà di coscienza e uguaglianza di diritti fra uomini e donne. Non è stato un caso che a manifestare la solidarietà dell’avvocatura italiana verso il popolo tunisino, siano stati i massimi rappresentanti degli Ordini degli Avvocati di Napoli, Palermo, Bari, Taranto, Sassari ed Oristano e se è vero che erano presenti i vertici dell’«Oua» e i delegati del «Cnf» non c’è da stupirsi se le loro massime espressioni presenti erano originarie di Napoli e Taranto.
Più che essere un atto di accusa verso le avvocature delle altre parti di Italia che, in questo caso, non hanno avuto modo di manifestare la loro solidarietà al popolo tunisino – duramente attaccato dalla violenza terroristica con gli attentati del Bardo prima e di Sousse poi – questa riflessione vuole essere un omaggio a quella parte di avvocatura del nostro Meridione che ha ben compreso che i temi del ruolo sociale dell’avvocatura, della tutela dei diritti e della lotta al terrorismo non hanno confini e che è interesse primario dell’Italia e dell’Europa difendere la democrazia nel Mediterraneo. La visita all’Hotel Imperial di Sousse dove nel giugno 2015 c’è stato un attentato terroristico che ha provocato la morte di 38 turisti, ha rappresentato il momento più emozionante della visita. Su quella spiaggia bagnata dal nostro stesso mare, luogo tragico della strage, dove commossi abbiamo deposto corone di fiori, appariva ancora più evidente la follia della guerra e la necessità di aiutare gli abitanti dei Paesi colpiti dalla folle violenza terroristica.
Durante questa visita abbiamo rinnovato agli amici tunisini la nostra volontà di collaborazione, consapevoli che essere avvocati non significa solo svolgere, con professionalità, il proprio ruolo nelle aule dei tribunali ma riscoprire i valori morali che sono a base dell’avvocatura. Sarà un caso, ma al convegno di Tunisi mi è stato chiesto di tenere un intervento sulla corruzione, in un anno nel quale per il rapporto annuale di Transparency International, l’Italia è scivolata al 72° posto, allo stesso livello della Tunisia. Ora se sono vere le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La corruzione è un furto di democrazia, un male che crea sfiducia, inquina le istituzioni, impedisce la valorizzazione dei talenti» c’è da chiedersi perché l’avvocatura italiana non assume a sé la lotta contro la corruzione? Perché non diventa protagonista di una vera rivoluzione culturale, che renda evidente come la corruzione sia un crimine contro l’economia e la democrazia? Come mai gli avvocati non hanno mai intrapreso un’incisiva battaglia morale contro questo male che crea discriminazioni, esclusioni, distrugge le opportunità di lavoro, soffoca le speranze dei giovani, viola i nostri diritti. Il nostro Paese ha bisogno di un’avvocatura, protagonista del tempo, che non deleghi alla Magistratura, il compito di combattere la corruzione, un cancro che prospera soprattutto quando il popolo non è più sovrano, ma tace sfiduciato, e il potere assume comportamenti sempre più arrogante, perché pensa di essere al di sopra della legge.