L’INTERVENTO: Per i legali italiani uno «Statuto» a difesa dei diritti di Elisabetta Rampelli – Presidente nazionale dell’Unione Italiana Forense (Guida al Diritto)

GUIDA AL DIRITTO

Per i legali italiani uno «Statuto» a difesa dei diritti

di Elisabetta Rampelli – Presidente nazionale dell’Unione Italiana Forense

Il Congresso dell’Unione italiana forense ha rivendicato la funzione sociale e politica dell’Avvocatura, risvegliando quell’orgoglio sopito che l’ha vista protagonista di tante battaglie. Ma ne ha anche sottolineato la crisi, con le pesanti conseguenze sul Paese e sull’amministrazione della Giustizia. Crisi di rappresentanza, crisi di identità, che ne hanno minato la credibilità e svilito il ruolo, malgrado le direttive europee lo esaltino.
C’è una Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, la n. 21 del 2000, che sottolinea la f unzione essenziale degli Avvocati nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali e che, nello stesso tempo, chiede ai govern1 degli Stati membri, tra l’altro, di garantirne l’indipendenza, d! tutelarli dal rischio di ingiuste restrizioni, influenze, condizionamenti, pressioni, interferenze dirette o indirette, di assicurare il loro Il diritto a partecipare alla formazione delle leggi e suggerire le riforme legislative, di evitare che subiscano sanzioni o pressioni quando agiscono secondo le proprie leggi professionali, di rispettarne e favorirne l’autonomia e l’indipendenza, preservandone e mantenendo l’onore, il decoro, la dignità e l’integ1ità.
Documento di portata storica, rappresenta il primo riconoscimento ufficiale dell’Avvocatura come soggetto politico, chiamato a garantire diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e, per questo, portatrice di uno status particolare.
Status particolare che dovrà essere riconosciuto anche attraverso la formazione di istituti autonomi che riguardino l’attività professionale e che disciplinino questo “tertiumgenus” senza appiattirsi sulle attuali configurazioni societarie o imprenditoriali.
Servono meccanismi idonei a preservare l’autonomia, l’indipendenza e il decoro dell’Avvocato, che non deve essere assoggettato alle regole del capitale e del mercato, che deve godere di un regime fiscale agevolato per le attività di natura pubblicistica e un compenso dignitoso che ne garantisca indipendenza, autonomia e decoro, al pari della Magistratura.
L’Avvocatura deve poter fornire ampia e concreta collaborazione alla soluzione dei problemi che soffocano quotidianamente ogni anelito di giustizia.
Finora la politica giudiziaria italiana è stata frutto dell’elaborazione della Magistratura, che ha pensato di far fronte all’aumento della popolazione e dei diritti giustiziabili, alla maggiore consapevolezza, alla crescita del bisogno di giustizia, in assoluta solitudine, convinta di governare la crisi sociale con le sue sole forze e le sue scarsissime risorse.
L’Avvocatura per decenni le ha lasciato campo libero. Finalmente, acquisita una coscienza sociale e politica, sta ritrovando le sue radici e la sua funzione di intermediaria tra il diritto del cittadino a ottenere giustizia e il dovere dello stato di renderla, consapevole del dovere di operare concretamente al suo funzionamento, come interlocutore di diritto del potere politico.
La politica non ha fornito risposte, lasciando che il sistema giurisdizionale si imbarbarisse, lesinando risorse, evitando riforme organiche e complete, lasciando che la Giustizia restasse “terra di nessuno”, o feudo di pochi.
I provvedimenti sinora adottati hanno ridotto le garanzie e peggiorato la qualità, quelli “adottabili” ipotizzano l’abolizione del grado d’appello, un aumento a dismisura della prescrizione e la chiusura di altri uffici giudiziari. Si continuano a proporre ulteriori “filtri” al processo e costi insostenibili. Ma giusto processo significa garantire la totale volontarietà del diritto di agire e di difendersi, risolvere il problema della difesa dei non abbienti, della difesa d’ufficio, dei costi di accesso e pretendere che la giurisdizione sia esercitata da giudici imparziali e terzi.
Significa garantire la decisione e l’esecuzione in tempi “compatibili” con l’interesse dell’utente.
L’ Unione italiana forense, per uscire dalla crisi, anni fa aveva proposto di assegnare all’Avvocatura una parte di giurisdizione attraverso una seria riforma della Magistratura Onoraria che vedesse gli avvocati protagonisti.
Aveva ipotizzato forme alternative di risoluzione delle controversie gestite dagli Avvocati. Nostra è stata la prima proposta di legge
sulla negoziazione assistita presentata alla Commissione Giustizia del Senato, nel 2011. Non siamo stati ascoltati per il nostro conclamato deficit di rappresentanza. Ma non c’è più tempo.
È necessario ottenere il riconoscimento di quello status richiesto dal Consiglio d’Europa che ci renda inviolabili sotto i1 profilo dell’autonomia, dell’indipendenza e della libertà.
Nessuna Authority deve avere potere sull’Avvocatura: non l’Antitrust, che ci ha comminato 2 milioni di euro di multa perché il Cnf ha tentato di arginare il mercimonio delle prestazioni professionali.
Come conciliare questa sanzione con la Raccomandazione del Consigli0 d’Europa?
Non l’Autorità garante degli scioperi nei servizi pubblici essenziali, che ci ha multato a più riprese per le astensioni, Non siamo dipendenti dello Stato, è lo Stato che dipende da noi: senza Avvocato non si fanno i processi! Forti del numero (siamo 250.000), dobbiamo tornare a essere un corpo sociale unitario in grado di condizionare le scelte politiche e non una somma di individualismi in contrasto tra loro. E’ mancato l’orgoglio dell’appartenenza.
Quale la nostra forza di fronte a rivendicazioni ineludibili come la separazione delle carriere? Forse non cl interessa il diritto a un processo giusto in cui imputato e vittima possano essere adeguatamente tutelati? Quale la nostra determinazione per evitare manovre sulla prescrizione, in spregio all’articolo 6 della Cedu? Non dovremmo essere noi i portabandiera dei diritti di chi è ristretto in carcere in condizioni disumane e improduttive, e proporre un progetto di valorizzazione del periodo di detenzione così da trasformarlo in una risorsa per lo Stato?
L’orgoglio di essere Avvocati è anche farsi pionieri delle garanzie, affrontare i problemi nella loro globalità. E’ saper lottare per una giustizia giusta, contro ogni potere. E’ escludere chi non è degno dalle nostre fila, consapevoli del fatto che il nostro non è un lavoro ma è una missione.
Di fronte ai nostri occhi c’è un’Avvocatura smarrita, disunita lasciata a se stessa, lacerata da lotte intestine e conflitti generazionali, che ha bisogno di ritrovare quell’orgoglio che rappresenta il primo passo per costruire il futuro.
Noi cercheremo di realizzar e questo sogno. Lanceremo sfide e proposte per ritrovare lo spirito d i appartenenza e dare all’Avvocatura maggiore spessore. Elaboreremo i principi di uno Statuto dell’Avvocato, regole che avranno lo scopo di rafforzare la nostra identità, il nostro peso nella società e la nostra capacità di incidere nella difesa dei diritti e delle garanzie, in difesa della libertà e della democrazia. Lanceremo l’ipotesi di costituire per l’Avvocatura un “tertium genus”, che coniughi autonomia e modernità.
La crisi dell’Italia è dovuta anche alla crisi dell’Avvocatura, che non ha saputo vigilare quando sono state messe in discussione le conquiste socio-economiche che facevano del nostro Stato un’avanguardia nel mondo.
Sta a noi ricordare agli altri chi siamo, l’o1igine della professione e la sua fondamentale importanza.
Questa è oggi la nostra missione: donare agli altri la nostra conoscenza affinché ciò che per noi è sacro sia condiviso; condividere l’alba di una nuova Avvocatura, unita e degna della sua funzione etica, politica, sociale e professionale.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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