L’ESPRESSO
Con questo strumento il Parlamento affida al
Governo il compito di legiferare. Avviene sempre
più spesso e così saltano tutti i controlli
Quello strapotere chiamato legge delega
di Michele Ainis
IL NOSTRO PREMIER viene continuamente messo in croce per l`eccesso di
decreti, maxiemendamenti, voti di fiducia. Vero: i decreti legge infiocchettati
in 17 mesi dal governo Renzi sono 37, ci cadono addosso a settimane alterne. E quasi sempre il Parlamento è costretto a convertirli con una pistola puntata sulla tempia, perché l`esecutivo chiede la fiducia. E no, non va bene, obiettano i puristi della Costituzione scritta: i padri fondatori regolarono i decreti come strumento eccezionale, mica normale. Così fan tutte, controbiettano i cantori della Costituzione materiale; e in effetti Renzi non è il primo né l`unico ad abusare dei decreti legge. Per dirne una, nello stesso arco di tempo Monti ne aveva adottati 41. C`è un altro abuso, tuttavia, di cui
non parla nessuno, forse perché nessuno ne è al corrente. Ha sempre a
che fare coi decreti, però di un`altra specie: quelli legislativi, che il governo
può approvare – recita l`articolo 76 della Costituzione – sulla scia
d`una legge di delega timbrata dalle Camere. Un altro strumento eccezionale,
nelle intenzioni dei costituenti, perché la funzione legislativa spetta
al Parlamento. E infatti loro, anime candide, ne previdero l`uso per le
materie tecniche, rispetto alle quali solo il governo dispone delle competenze
necessarie. Se serve un nuovo codice di procedura civile, per esempio, sarebbe troppo pretendere che i nostri mille parlamentari impugnino la penna d`oca del giureconsulto.
Domanda: quanti codici ha vergato il gabinetto Renzi? Risposta: i suoi decreti legislativi fin qui sono 98, il triplo dei decreti legge. Per appurarlo, basta collegarsi al sito web del Consiglio dei ministri (www.governo.it), armandosi d`un pallottoliere. E scoprendo così che gli interventi spaziano dagli ammortizzatori sociali ai fuochi d`artificio, dalle ferrovie all`importazione dei furetti. Che in una sola seduta di decreti legislativi ne vengano approvati 4 (il 17 luglio) o perfino 8 (il 27 marzo). Ma che sono anche di più quelli che s`annunziano nel prossimo futuro. E infatti, se il Jobs Act recava 5 deleghe, la riforma Madia sulla pubblica amministrazione ne ospita 18. Dove i «principi e criteri direttivi» – ai quali la Costituzione sottomette l`esercizio della delega – spesso coincidono con la parola magica degli illusionisti: «a bracada bra».
Dove gli «oggetti definiti» – altro requisito costituzionale – in questo caso definiscono l`universo mondo: porti, prefetture, voto di laurea, camere di commercio, dirigenza pubblica, codice militare, registro automobilistico. E dove il punto d`approdo è sempre uno: il rafforzamento del governo.
CARO DOTTORE, troppe vitamine. Perché ogni democrazia si regge sull`equilibrio dei poteri; ma quando l`esecutivo prende il sopravvento sul
legislativo, allora diventa una «democratura», per dirla con Eugenio
Scalfari. Tanto più se lo strumento del dominio è la legislazione delegata,
che per sua natura si consuma sotto un cono d`ombra. I decreti legge vanno pur sempre convertiti dalle Camere, sicché innescano un dibattito pubblico, in cui l`opposizione può levare la sua voce. Invece i decreti legislativi vengono cucinati nel chiuso di palazzo Chigi, in qualche conciliabolo fra il Premier e i ministri interessati; noi ne veniamo a conoscenza soltanto a babbo morto.
E I CONTROLLI? Il parere delle commissioni parlamentari non è vincolante;
e infatti nel febbraio scorso, a proposito dei decreti sul Jobs Act, il governo se n`è infischiato allegramente. In quel caso protestò Laura Boldrini; adesso non protesta più nessuno, benché ogni riforma (ultimo caso: la stretta sulle intercettazioni) viaggi sui binari della legislazione delegata. Sarà che in politica, a lungo andare, la prepotenza diventa una prova di potenza. O forse sarà che ci mancano le energie d`un tempo. Nel 1992, con una svalutazione galoppante e la lira fuori dallo Sme, il governo Amato chiese 4 maxideleghe su
pensioni, sanità, pubblico impiego, enti locali. Il presidente Scalfaro si dichiarò contrario ai pieni poteri dell`esecutivo, il presidente della Camera (Napolitano) idem. Ora, invece, tutti silenti. Abbiamo delegato al governo pure la parola.