LA REPUBBLICA
Se la sentenza divide
di Giuseppe Maria Berruti
Caro direttore, il momento della giustizia è terribile. Le iniziative
di repressione penale se non riguardano i rapinatori toccano sempre interessi che dividono. Le iniziative diventano perciò stesso politica di parte.
L`uso terrificante delle intercettazioni e delle indagini per diffondere percezioni, come gli avvenimenti che in questi giorni scuotono Palermo, cagiona conseguenze politiche reali. Tocca la relazione di forza della politica.
E porta al ruolo della funzione giudiziaria.
Il processo civile é un meccanismo cartaceo lontanissimo dalle persone che incarnano le parti, le quali non comprendono ciò che accade ma soprattutto
non raggiungono una attendibile previsione dell`esito del giudizio. Questo crea il mostro del diritto imprevedibile. Che non regola. Ma toglie, oppure
regala. E distrugge lo stato di diritto. Assegnando al potere il privilegio della mancanza di controllo.
Abbiamo ignorato per decenni i segnali. La crisi sorprende perché la sua premessa è l`ignoranza.
Quando un Paese, come pare il nostro, finalmente, decide di fare qualche scelta, dopo avere fatto marcire i problemi, deve accettare di dividersi. La lotta alla corruzione, come quella alla diffusione del metodo mafioso, deve togliere l`immutabilità del sistema. Deve affrontare l`economia che fonda sulla inutilità, sulla inefficienza, e sulla mancanza di prospettiva strategica. Spostare potere dalla conservazione dell`assetto come è, a quello del progetto. E dar luogo a leggi che dividono. Dalle quali nascono sentenze che dividono.
Il consenso alla magistratura aveva proporzioni religiose. Oggi la magistratura che intervenendo sulla responsabilità da fatto illecito priva di uno strumento come il risarcimento punitivo, come voleva la lenta economia agricola, non reagisce alla velocità della tecnologia. Sequestrando un`azienda per reprimere un delitto ambientale mette a rischio quel lavoro, duro, mal pagato e precario, che tuttavia fonda il patto costituzionale. Quando riconosce tutela ad un nucleo sociale costituito dalla unione di due persone dello stesso sesso, tocca sensibilità estreme. Che rifiutano persino il principio di libertà. In nome di una nozione di famiglia naturale di cui affermano una struttura pregiuridica, immutabilmente eterossessuale. Dunque la sentenza divide più che nel passato, quando la condanna della adultera produceva l`applauso rassicurato di chi nella ipocrisia della relazione nascosta vedeva la conferma dell`assetto sociale tradizionale.
Il cambiamento è imposto dal mondo. I nostri problemi e le nostre regole sono dei localismi. Le stesse regole delle Costituzione rischiano di apparire
tali, se non riusciamo ad individuarne l`essenza più moderna. Non esistono questioni o problemi di qualche rilievo che siano solo di un Paese. Il processo civile italiano ha una dimensione trasnazionale. Dobbiamo trasformarlo in occasione di vicinanza tra lo Stato giudice ed il cittadino che litiga. Imponendo al giudice un ruolo attivo anche nella previsione che la parte sí fa dell`esito della causa. Deve essere uno strumento di prevedibiltà della legge.
Le indagini penali non vanno indebolite. Non si tolgono le intercettazioni perché qualcuno le adopera male. Ma si colpisce chi le usa male. Dentro un processo penale che renda credibile la pena.
Le scelte di libertà debbono essere protette. È ridicolo affidare le unioni tra persone dello stesso sesso ai tribunali stranieri ed alla delibazione in Italia.
Questo non divide, soltanto. Distrugge il diritto nazionale.
E non si può attendere che una mani pulite scopra ciò che è noto. Mentre l`assetto economico, restando immutato, promette che la repressione è finta.
I magistrati, come singoli professionisti e come categoria debbono pretendere che venga garantita la loro qualità. La loro controllabile professionalità.
Unica fonte di legittimazione a prendere decisioni sganciate dal principio democratico di maggioranza.