IL FATTO QUOTIDIANO
Anm, Davigo ha il diritto di parlare anche di politica
di Raffaele Cantone – magistrato, presidente dell`Autorità nazionale
anticorruzione (Anac)
Gentile direttore, ho letto la sintesi che riportava ieri il suo giornale di una mia intervista rilasciata qualche giorno prima al settimanale Panorama.
Premetto che, in realtà, non si è trattato di una vera intervista ma di una lunga chiacchierata in cui la giornalista ha riportato, sia pure in termini assolutamente corretti, alcuni stralci di mie dichiarazioni, senza che fossero riportate le domande a cui stavo rispondendo.
Questa tecnica con cui è stata riportata la nostra chiacchierata ha potuto, quindi, creare equivoci interpretativi in alcuni passaggi, che le sarei grato mi desse la possibilità di chiarire.
In primo luogo, quando parlavo di magistrati che fanno politica pur non avendo mai lasciato la magistratura rispondevo a una domanda che la giornalista mi poneva sull`”accusa”, rivoltami, più o meno implicitamente, da
un componente togato del Consiglio superiore della Magistratura, sul carattere politico delle mie interviste; nel contestare questa affermazione avevo aggiunto quella considerazione, senza, però, mai nemmeno lontanamente pensare a Piercamillo Davigo. Quest`ultimo, infatti, per la sua carica associativa, anzi, non solo può ma forse persino deve prendere posizioni oggettivamente politiche. Mi riferivo, invece, a tanti colleghi, che con o senza la toga fanno dichiarazioni di certo politiche e in qualche caso, poi, “scendono” in politica, ritornando dopo (sia pure ad oggi legittimamente)
a esercitare le funzioni giudiziarie. E neanche a farlo apposta le dichiarazioni di un componente del Csm che ieri sono apparse sulla stampa dimostrano
(purtroppo) in maniera inequivocabile la bontà del mio ragionamento!
Quindi nessun pensiero recondito a Davigo dal quale mi separano alcune posizioni, che però ho sempre esplicitato con chiarezza (e mai con allusioni e benché meno senza citarlo), così come mi uniscono tante altre idee.
Confesso, però, che la parte che più mi ha preoccupato della sintesi del Suo
giornale è quando dice che nell`intervista mi sarei paragonato a Giovanni Falcone. Questa, per me che sono cattolico, equivarrebbe a una bestemmia;
Falcone è stato per me un (inarrivabile) modello da magistrato e mai mi permetterei nemmeno lontanamente di paragonarmi a lui.
Anche qui le mie affermazioni sono conseguenti a una domanda e sono il frutto di un ragionamento che tante volte ho fatto; alla richiesta della giornalista se riuscivo a spiegarmi il perché degli attacchi che, di tanto intanto, vengono da colleghi magistrati, ho risposto che i magistrati
da sempre considerano (sbagliando, a mio avviso) un modo per mettere in discussione la “purezza” e l`imparzialità accettare incarichi esterni alla magistratura, soprattutto se di nomina latu sensu politica. E ho ricordato
che questo pregiudizio era stato fatto valere anche e (persino) nei confronti di Giovanni Falcone.
Questa è la ragione del riferimento a Falcone e, quindi, nessun blasfemo paragone!