L’INTERVENTO/1: I processi inutili e il buon senso della Giustizia di Luigi Labruna (Il Mattino)

IL MATTINO

I processi inutili e il buon senso della Giustizia

di Luigi Labruna

sab. 2 – Oltre alla indipendenza, alla correttezza, alla preparazione, al riserbo, alla serietà, molte sono le doti necessarie a chi esercita il mestiere
terribile e difficilissimo del magistrato. Tra queste, fondamentali, l`equilibrio
e il buon senso. Che rappresentano poi l`essenza di ciò che gli antichi giuristi
chiamavano «iustitiam colere». Espressione con la quale non esortavano a venerare astrattamente la giustizia, ma a continuamente e responsabilmente
«coltivarla».
A dare ad essa, cioè, nutrimento e vita. Rendendo ogni giorno la loro attività
davvero utile alla collettività e a facendo sì che questa la possa- anzi, la debba- percepire come realmente «credibile» e utile per preservare la legalità.
Non so se aiutino davvero a raggiungere tale risultato, essenziale per preservare l`autorevolezza e l`incisività dell`amministrazione della giustizia,
fondamento della civile convivenza, casi come quello relativo all`appello presentato dalla Procura di Napoli avverso l`assoluzione con formula piena
di un imputato eccellente, Antonio Bassolino, e di altri, per un`ipotesi di
reato compiuto lustri fa. Appello proposto non per ottenere la condanna
dei presunti rei ma per far sì che la formula dell`assoluzione nel merito degli
stessi sia sostituita da una diversa «formula» di proscioglimento: per essere
cioè i reati contestati «estinti» per prescrizione.
Sia chiaro. Ciò che interessa, qui, il nostro discorso non è se sia stata giusta
o meno la sentenza di assoluzione in primo grado (che comunque è storicamente avvenuta, deve esser rispettata e rafforza, se fosse possibile, in mancanza di sentenza definitiva, la presunzione di non colpevolezza degli imputati). No. E neppure il discorso, delicatissimo, sul valore della prescrizione, istituto, fondamentale non solo per la tutela nel tempo dell`interesse dello Stato, ma anche per quella dei cittadini imputati, presunti (e magari realmente) innocenti, che non è giusto né civile debbano vivere per decenni nell`attesa angosciosa di una sentenza definitiva che non arriva mai. No. Quel che colpisce la gente comune è che nel caso concreto (per il quale i difensori di Bassolino Massimo Krogh e Giuseppe Fusco hanno chiesto ai giudici di ritenere «inammissibile» l`appello perché il pm «non ha un interesse tutelato rispetto alla decisione di proscioglimento applicabile all`imputato») la stessa Procura appellante riconosce prescrizione si è verificata, si deve applicare, e che quindi in ogni caso gli imputati debbono essere prosciolti. Insomma la gente non capisce che senso abbia una nuova, accidentata, costosa (e non definitiva) fase processuale da celebrare con ulteriore dispendio di lavoro da parte di giudici, di pm, di personale ausiliario, di avvocati e con ovvio spreco di spese per l`Amministrazione della giustizia e dei cittadini che quel lavoro debbono retribuire, per una questione che in teoria può esser ritenuta «elegante», ma sulla quale per concorde opinione della difesa e della Procura la giustizia penale (anche per sua inadeguatezza) non deve far altro che recitare un «de profundis».
E tutto questo nel momento in cui tutti (in primo luogo gli stessi magistrati)
non fanno altro che lamentare (giustamente) l` ingolfamento dei processi
da celebrare (centinaia di migliaia), la carenza drammatica di fondi, la mancanza di strutture adeguate e decenti, gli impressionanti vuoti degli organici, i ritardi mostruosi accumulati nella celebrazione dei processi che diventano sempre più numerosi anche per l`accresciuta propensione a delinquere, le decine di migliaia di sentenze di condanne incredibilmente non eseguite.
Tutti – compresi noi giuristi, i giudici, i pm, gli avvocati, per non dire gli
organi di garanzia costituzionale, il legislatore, il governo, e i cittadini – dovremmo fare un approfondito esame di coscienza sulla utilità o la (magari
involontaria) dannosità delle nostre azioni e contribuire, ciascuno per la
propria parte, a «coltivare» nel Paese, e specialmente qui da noi, «la giustizia».

Foto del profilo di Andrea Gentile

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