IL FATTO QUOTIDIANO
L’appello serve a rimediare alle ingiustizie
di Guariente Guarienti
IN RISPOSTA A CASELLI
Altri modi per evitare che i processi finiscano in prescrizione: più risorse,
giudici meglio distribuiti e forte depenalizzazione
A Gian Carlo Caselli mi legano amicizia, affetto e condivisione quasi totale di visione del mondo e di idee sulla giustizia. Il “quasi” esclude la questione dell`appello, nel processo penale, su cui il Nostro si è espresso su Il Fatto Quotidiano, domenica 12 giugno. Caselli da sempre si batte per l`abolizione del secondo grado di giudizio; io, lo ritengo indispensabile.
RAGIONO CON l`esperienza di cinquantadue anni da avvocato penalista. Più di una volta mi è capitato di incontrare soluzioni opposte o, comunque, assai diverse in casi analoghi. Un giudice, nello stesso tribunale, condanna per un
furto a sei mesi di reclusione, il giudice a fianco a un anno e mezzo per un furto perfettamente identico. C`è il gip che, con rito abbreviato, ritiene fatto lieve la detenzione di 500 grammi di hashish e concede la sospensione condizionale, un altro che per 100 grammi condanna a sei anni.
L`appello in entrambi i casi può riportare la pena a un giusto equilibrio,
nel primo caso su impugnazione del pubblico ministero, nel secondo dell`imputato.
Questi squilibri, legati alla mentalità del singolo giudice che, non dimentichiamolo, può decidere da solo su omicidi pluriaggravati se l`imputato chieda di essere ammesso al rito abbreviato, molto dipendono dall`avere il legislatore affidato a un giudice monocratico la maggior parte
delle decisioni così come gli ha affidato la grave decisione sulla libertà
dell`imputato nella fase delle indagini preliminari.
I giudici rivendicano con forza la loro autonomia. Raramente nei tribunali i capi degli uffici riuniscono i colleghi per individuare criteri comuni da applicare nelle sentenze. Ognuno è libero di decidere come vuole. In alcuni casi l`avvocato si strappa i capelli, in altri si frega le mani.
Le Corti d`appello, organi collegiali, sono molto più affidabili per rimediare a sentenze di primo grado ingiuste, sia a favore che in danno dell`imputato.
Ne sono prova le molte sentenze di primo grado riformate quando,
ovviamente, le impugnazioni non siano pretestuose °finalizzate solo alla prescrizione.
La Cassazione può rimediare solo a gravi errori di diritto o di procedura. A una sentenza, ingiusta nella sostanza ma ben motivata nella forma, non vi sarebbe alcun rimedio. Perlo stesso fatto un tribunale potrebbe condannare
un rapinatore a vent`anni, negando le attenuanti generiche, un altro tribunale a tre anni, concedendo le attenuanti equivalenti alle aggravanti. Entrambi infliggono una pena legale perché prevista dal codice penale.
Altri, secondo me, sono i rimedi per evitare che i processi finiscano in prescrizione o, come scrive Caselli, per mancanza di risorse. Anzitutto
trovare nuove risorse con rapide assunzioni di cancellieri e segretari tenendo
conto che non basta trasferire da altre amministrazioni personale del tutto digiuno di competenze in un settore delicato qual è quello dell`amministrazione della giustizia costringendo i funzionari esperti a impiegare come istruttori buona parte del loro tempo.
C`È POI LA NECESSITÀ di una depenalizzazione molto più forte di
quella fino a oggi attuata. I giudici dovrebbero occuparsi solo di fatti gravi, i reati che aggrediscono beni protetti da norme costituzionali: la vita, la libertà, la proprietà, la salute, le risorse naturali, la sicurezza, solo per fare qualche esempio.
Per colpire le impugnazioni pretestuose le Corti d`appello dovrebbero poter istituire sezioni del genere di quella esistente in Cassazione, la settima. All`imputato, non convinto di una decisione di inammissibilità, rimarrebbe
sempre il ricorso per Cassazione, diritto costituzionalmente garantito.