IL FATTO QUOTIDIANO
L’inutile miniriforma della giustizia
di Antonio Esposito
Nei giorni scorsi la stampa ha dato due notizie importanti (si fa per dire!). La prima, su Repubblica il 29/6, riguarda il silente capo dello Stato: “Mattarella in pressing, riforma della giustizia, al voto entro luglio”. La seconda, sul Fatto Quotidiano del 2 luglio, riguarda il guardasigilli Orlando che sarà presente alla festa provinciale de l`Unità di Genova, trasformata addirittura in “Festa nazionale sulla giustizia”. Chi legge può pensare che si è finalmente in presenza di una svolta epocale sulla giustizia.
Viceversa, la netta impressione che si ricava dai 35 articoli del disegno di legge (“Rafforzamento delle garanzie difensive e durata ragionevole dei processi”) è che essi, anche se di qualche utilità marginale, non incidono per nulla sul perverso sistema processuale causa prima degli intollerabili ritardi
della giustizia penale. Si tratta di una inconsistente “mini riforma” – cui è abbinato un impresentabile disegno di legge sulla prescrizione – che si limita
ad apportare modifiche non consistenti, ai fini della rapidità dei processi, in tema di archiviazione, inammissibilità delle impugnazioni, di ripristino del patteggiamento in appello, di presentazione del ricorso per Cassazione e di partecipazione a distanza all`udienza dell`imputato detenuto. Il ddl
prevede inoltre la delega al governo per la riforma delle intercettazioni e dell`ordinamento penitenziario. Nulla, quindi, di veramente strutturale.
Un intervento strutturale poteva essere abolire, come auspicato su questo giornale da Gian Carlo Caselli, l`appello ove si riscontrano, spesso, ritardi inaccettabili. È stato, però, giustamente osservato, sempre su questo giornale, da Armando Spataro, che il doppio grado di giudizio è ineliminabile garanzia per i cittadini. Un intervento strutturale poteva e doveva essere, invece, quello di eliminare l`udienza preliminare e, cioè, quella udienza “filtro” che si è dimostrata del tutto inutile e che, soprattutto nei processi complessi, allontana non di poco la data di inizio del dibattimento, portandoli a sicura prescrizione. Del resto, appare coerente con il sistema processuale e con il principio cardine del processo penale secondo cui la prova si forma in dibattimento che il pm – che può richiedere l`archiviazione qualora ritenga l`accusa non sostenibile in giudizio – disponga, negli altri casi, il rinvio a giudizio richiedendo al giudice di fissare la data dell`udienza (ed è a tale momento che va bloccato, definitivamente, il decorso della prescrizione).
UTILE sarebbe eliminare il Tribunale del riesame sostituendolo con un giudice collegiale che provveda sulle richieste di misure cautelari, prevedendo il ricorso per Cassazione per violazione di legge. Questo sistema tutelerebbe maggiormente il cittadino (la collegialità è sempre preferibile alla monocraticità) e consentirebbe a un numero ingente ai magistrati e cancellieri di essere destinati alla definizione del processo principale. Basti pensare che un processo di criminalità organizzata con 50 arrestati (il che non è infrequente), può determinare 50 istanze di riesame con relative udienze e provvedimenti, avverso i quali sono possibili 50 ricorsi per Cassazione, 50 appelli e ancora 50 ricorsi per Cassazione con il proliferare assurdo di procedimenti incidentali che, peraltro, non avranno alcuna incidenza sul procedimento principale.
Infine – oltre a emanare provvedimenti destinati a sanare la cronica mancanza di organico del personale e a riammodernare un inefficiente sistema di notifica degli atti (altra causa, non secondaria, di continui rinvii) – è necessario modificare l`art. 194 dell`ordinamento giudiziario elevando ad
almeno 5 anni la permanenza minima dei magistrati nello stesso ufficio,
(attualmente di tre), in maniera da procrastinare i continui trasferimenti, soprattutto dei magistrati di prima nomina che aspirano a ritornare nelle regioni di provenienza o a essere trasferiti in uffici giudiziari più importanti.
Tutto questo comporta una serie continua di rinvii dei processi sia per il “congelamento” dei ruoli di udienza del magistrato trasferito, e, di regola, quasi sempre tardivamente sostituito, sia in virtù del principio della immutabilità del giudice che impone che sia lo stesso giudice (come persona fisica), che ha tenuto l`udienza, a provvedere alla delibazione, pena la rinnovazione del dibattimento che comporta, di regola, la nuova acquisizione di prove già lentamente e faticosamente espletate. Sul punto, sarebbe utile conoscere l`opinione del Csm e della Anm e sarebbe interessante verificare la percentuale di incidenza dei rinvii dei processi determinati dal trasferimento dei magistrati giudicanti (verifica che darebbe, sicuramente, esiti davvero sorprendenti). Aspettiamo con ansia che cosa dirà il “diplomatico” ministro alla “Festa nazionale della Giustizia”.